Non si sono ancora spenti gli echi della ratifica del trattato di libero scambio tra U.E. e Marocco che già si prospettano nuovi inquietanti sviluppi. Tenetevi forte: nuove frontiere è infatti previsto che siano abbattute.
Facendo un piccolo passo indietro al 14 dicembre 2011 infatti, possiamo meglio ricostruire, ciò che è già avvenuto e cosa potrà avvenire a breve nel prossimo futuro. In questa data infatti (da un comunicato della Commissione Europea):
La Commissione europea accoglie favorevolmente la decisione odierna del Consiglio Affari esteri dell'Unione europea di autorizzare l'avvio dei negoziati commerciali con l'Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia non appena il necessario processo di preparazione è terminata. Questa decisione fornisce alla Commissione europea un mandato per avviare negoziati per stabilire "globali ed approfondite aree di libero scambio- deep and comprehensive free trade areas" (DCFTA). Rispetto al rapporto commerciale in corso tra l'UE e tali paesi, le DCFTA andranno oltre abolendo le tariffe per includere tutte le questioni regolamentari relative al commercio, come la protezione degli investimenti e gli appalti pubblici.
Stiamo offrendo ad Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia una progressiva integrazione economica nel mercato unico dell'UE e vogliamo migliorare le condizioni di accesso al mercato dell'UE per questi quattro membri dell'OMC come loro si stanno impegnando in un processo di riforma democratica ed economica. "ha detto il commissario Ue al commercio Karel De Gucht " La nostra porta è aperta per gli altri partner del Mediterraneo meridionale una volta che le stesse condizioni siano soddisfatte. "
Gli impegni di ciascuno di questi partner ... saranno valutati caso per caso nel corso di un approfondito processo di preparazione che sarà lanciato nei primi mesi del 2012.
Ed in effetti, in appena due mesi è stato già prodotto un accordo agricolo con il Marocco.
Ma qualcuno non è mai contento. Il Ministero degli Affari esteri francesi ci fa sapere, pur avendo accolto con vivo favore l'adozione da parte dell'UE del trattato con il Marocco, che non è il caso di baloccarsi troppo, vanno rapidamente conclusi anche i negoziati con Tunisia, Egitto e Giordania!
Ma qualcuno non è mai contento. Il Ministero degli Affari esteri francesi ci fa sapere, pur avendo accolto con vivo favore l'adozione da parte dell'UE del trattato con il Marocco, che non è il caso di baloccarsi troppo, vanno rapidamente conclusi anche i negoziati con Tunisia, Egitto e Giordania!
Dunque è sempre più evidente che questo accordo con il Marocco non è stato un incidente di percorso, favorito dalla negligenza ed ignavia di alcuni parlamentari. Il progetto a lunga scadenza è di allargare l'UE a tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Giusto, sbagliato? In ogni caso andrebbe ponderato dai tecnocrati europei che il settore agricolo (in particolar modo quello ortofrutticolo), dei paesi occidentali mediterranei, sarà messo inevitabilmente fuori mercato, dalla concorrenza africana determinata da costi della manodopera irrisori e da normative igienico-sanitarie, ambientali, previdenziali e fiscali nettamente più elastiche (per usare un eufemismo) delle nostre.
Forse, gli agricoltori euromediterranei farebbero bene a chiedersi se in questa prossima Europa c'è ancora posto per loro!
(continua)
Giusto, sbagliato? In ogni caso andrebbe ponderato dai tecnocrati europei che il settore agricolo (in particolar modo quello ortofrutticolo), dei paesi occidentali mediterranei, sarà messo inevitabilmente fuori mercato, dalla concorrenza africana determinata da costi della manodopera irrisori e da normative igienico-sanitarie, ambientali, previdenziali e fiscali nettamente più elastiche (per usare un eufemismo) delle nostre.
Forse, gli agricoltori euromediterranei farebbero bene a chiedersi se in questa prossima Europa c'è ancora posto per loro!
(continua)
La Sicilia è ben collocata geograficamente in questo nuovo possibile contesto economico, e forse dovrebbe rivedere il suo ruolo trasformandosi da produttore in trasformatore delle materie prime dell'intera area. Non più agricoltura quindi, ma solo turismo e trasformazione. Boh!!!!??
RispondiEliminaL agricoltura di qualità è solo un mercato di nicchia,come il tuo del resto,ove non vi è spazio per tutti,allora,almeno chè non accade qualcosa di stravolgente,l unica soluzione è la riconversione,purtroppo la nostra classe dirigente non è gente in grado di capitanare tale operazione.
Eliminafaccio agricoltura bio anch'io (da 15 anni); permettimi solo due considerazioni. Oggi il bio non è più nicchia, bensì un segmento di mercato, dove pur in mezzo a mille difficoltà, ogni agricoltore è libero di mettersi in gioco. Ti assicuro che le mie musate le ho prese anch'io ( e sonore!), ma penso che non potrà mai esistere una classe dirigente a capitanare un cambiamento come quello che dici te. Per meglio dire, una volta messe in atto le politiche che in buona parte già oggi ci sono, serve però anche più coraggio e voglia di innovarsi e cambiarsi da parte di tutti, agricoltori inclusi e in primis. È da ognuno di noi che deve partire il vero cambiamento. Lo spazio di granbio, piuttosto che il mio o quelli di altri come noi, non è ereditato di diritto o un privilegio divino acquisto, ma libero a chiunque che tramite il coraggio, la volontà, la capacità e perchè no un pizzico di fortuna (come in ogni iniziativa umana), riesca a produrre la quantità, la qualità, al prezzo giusto.
EliminaQui nessuno ti regala niente,per nicchia non intendo una cosa per pochi eletti,ma la massa consumatrice non si rivolge agli ard-discount per follia culturale,ma bensi per necessità,economica,e la grande produzione agricola và a finire sugli scaffali della GDO e i tuoi prodotti con quei prezzi non possono competere.
EliminaI nostri dirigenti,giustamente come dici tù,dovrebbero capitanare la trasformazione agricola italiana introducendo norme e leggi in grado di attuare e accompagnare questo cambiamento,ma allo stato attuale,non stanno facendo nulla.
Le nostre aziende devono crescere di dimensioni,ma sè sì continua a sovvenzionare i piccoli agricoltori,dove si prende la terra per far crescere le aziende?
I psr servono solo per vendere macchine agricole e attuare truffe ,non un centesimo a favore dell aggregazione aziendale,e della trasformazione in azienda,se togli le truffe con gli agriturismi,non cè niente.
La prossima pac continuerà a chiamare un azienda di 10 ettari" azienda",anche un analfabeta sà chè con 10 ettari non ci vive nessuno,non puoi confiscare la proprietà privata,ma puoi esentarla dall accedere a sovvenzioni e aiuti a un settore produttivo chè necessita di crescere come SAU.
L italia paga un ritardo enorme,su quello chè dovrebbe essere una ristrutturazione fondiaria,bisogna accorciare la filiera ,e introdurre un meccanismo fiscale ad hoc per il settore,altrimenti solo parole chè volano al vento.
Se vogliamo migliorarci dobbiamo prendere esempio da chi stà meglio di noi,no al Marocco o al Kazachistan.
Bio, Bio...quanto è bello il Bio.
RispondiEliminaIo non ho capito però perché il Biologico è così assistito dalla UE rispetto al convenzionale, se è già più redditizio.
Perché sui concimi chimici, noi convenzionali, veniamo tassati per versare un obolo che finisce al settore Bio.
Perchè appena si parla di una eventuale riduzione nella Pac dei sussidi Bio, le varie associazioni insorgono.
Non vorrei che questo famoso cambiamento di mentalità sia soltanto un modo per accedere a più contributi.
E mi fermo qua, perché le mie perplessità sono così numerose che potrei scriverci un trattato.
La volpe che non arriva all'uva dice che non è matura.
RispondiEliminaGranBio, la tua risposta mi sembra elusiva, ci son forse degli impedimenti per passare al biologico?
EliminaGuardate, non voglio scatenare una guerra tra poveri. Però, a proposito di sovvenzioni e conduzioni: io ho l'esempio diretto di due aziende. Una convenzionale a riso; l'altra biologica a soia-grano e aromatiche. La prima convenzionale percepisce 1.000 €/Ha (pac); la seconda biologica 363,00 €/Ha (pac+ bio del psr). La prima (convenzionale) rilascia nell'ambiente (acqua soprattutto) poco più di un paio di centinaia di litri/anno tra diserbanti e insetticidi. Ogni tanto qualcosa finisce in falda (e tralasciamo pure gli aerosl); allora i comuni e i privati devono fare pozzi più profondi. La seconda bio, oltre a non usarne , ogni tanto subisce qualche danno economico da chi (lecitamente) li usa nei propri appezzamenti convenzionali. A bilancio, chi conduce l'azienda riso convenzionale guadagna (in termini di reddito/ulu), 10.000,00 €/anno in più. Personalmente sono x l'abolizione della pac. E lo è anche un mio caro amico risicoltore (convenzionale); sebbene ne percepisca a 5 zeri. Sarebbe infatti e indubbiamente uno strumento con il quale raggiungere anche alcuni obiettivi dichiarati da Mimmo, e farebbe abbassare i prezzi del mercato della terra. Che, checchè se ne dica e ci si lamenti, dalle nostri parti, molti di quelli che si lamentano, gli corrono poi dietro; e talvolta, sgomitando pure.
RispondiEliminaSè vuoi trovare i prodotti nella GDO ai prezzi attuali,sei costretto a sostenere il convenzionale con la pac,altrimenti non coltiverebbe più nessuno,mentre danno per scontato chè il bio sia per ricchi e maniaci del cibo,quindi disposti a pagare di più,e allora ti devi arranciare.
EliminaSi la pac andrebbe abolita,serve solo a tenere un livello fiscale enorme sulla collettività e ad alimentare clientelismo,e ruberie varie,ed è il colpevole principale dell alta quotazione dei terreni agricoli,e della restia ad effetture una vera riforma fondiaria,sè uno fà il raffronto tra chi lavora effettivamente la terra e chi percepisce la pac,la discrepanza è tutta a favore di chi prende la rendità.
la quale diventa diretta concorrente di chì esercita realmente,proprio sull aquisto dei terreni,ma questo è puro utopismo,senza come faranno i nostri ladri a campare?
Il riso è notoriamente iperassistito, ma è poco rappresentativo. Il Confronto tra convenzionale e bio in termini di contributi percepiti, andrebbe fatto con la stessa coltura.
EliminaPer granduro: lasciando perdere la questione della volpe e dell'uva, proviamo a focalizzare sulle contribuzioni per la coltura del grano duro bio.
EliminaNel confronto con la coltura tradizionale, omettiamo di conderare la componente del PUA data dal valore dei titoli posseduti perchè differente tra le varie aziende e limitiamo il confronto ad 1 ha.
La coltura convenzionale può allora avvalersi solamente degli aiuti ex art 68 ossia €100,00 od addirittura neanche questi se opta per il ringrano. L'azienda bio incassa invece €180,00 se a regime (cioè se sta nel sistema da più di due anni) o €200,00 se di nuova introduzione, ma non può cumulare gli aiuti previsti dall'art.68 perchè, dicono a sostegno della esclusione, chi fa bio è già tenuto di per sè alla rotazione; è ammesso che venga fatta la richiesta del pagamento ma quanto percepito in ambito PUA verrà poi decurtato dai contributi bio del PSR
Allora la differenza tra il bio ed in convenzionale di riduce ad una cifra variabile tra €80 e €100. Bisogna però aggiungere che in bio si percepiscono contributi anche per le colture da rinnovo: tralasciando i premi per le piante proteiche che mi pare da quest'anno non potranno essere più richiesti, il produttore bio potrà percepire quindi €140,00 nel caso di foraggere o €180 nel caso di leguminose da granella; questa seconda opzione è da escludere poichè la produzione di granella sporca irrimediabilmente il terreno e l'anno successivo il grano dovrà combattere con tanti nemici agguerriti.Quindi anche pelativamente alla precessione colturale la differenza con il convenzionale varia tra €40 ed €80, assumiamo una media di €60.
La differenza di contribuzione totale su due anni sarà pertanto €140,00 o160,00. Quindi €70,00 o €80,00 in un anno.
Se il confronto si fà con aziende convenzionali che non optano per la rotazione ex art 68 la differenza sarà quindi di €170,00 o €180,00.
Io momentaneamente mi fermo qui. Adesso continua tu per favore con l'analisi dei costi di produzione. Poi andremo avanti. Ciao
GranBio
EliminaL'art. 68 è massimo 100 €, il prossimo anno pagherà circa 65 €/ha (la sua quota non è fissa, ma soggetta al numero delle richieste, solo il primo anno fu 100 € soltanto perché i CAA sconsigliavano agli agricoltori di fare richiesta), e dal prossimo anno è previsto obbligo di utilizzo di seme certificato, che inciderà per circa 50 €/ha aggiuntivi di costo.
L'art. 68 è un premio peraltro destinato soltanto alla zone centro-meridionali. A livello nazionale neanche è previsto.
Realisticamente al centro-Sud dunque 150€/ha di differenza non sono pochissimi. E la mia domanda rimane valida (fossero anche 10 €) perché erogarli ai coltivatori biologici che già percepiscono un reddito superiore (grazie alle loro doti manageriali, non discuto)?
In più le aziende Bio sono favorite nei finanziamenti PSR, perchè hanno dei punteggi aggiuntivi ed esclusivi. Mediamente anche in questo caso percepiranno più contributi di un convenzionale.
Vorrei puntualizzare che i dati da me riportati riguardano il psr sicilia, non conosco gli importi erogati dalle altre regioni, pertanto il mio esame è comunque riferito alla sicilia.
EliminaAvrei voluto continuare l'esame con la valutazione dei costi di gestione e quelli di coltivazione, che dovrebbero essere diversi nel biologico e nel convenzionale, per poi passare ad esaminare le produzioni ed i ricavi; ed a tal proposito avevo chiesto di venirmi in aiuto quanto meno per condividere alcuni dati; ma sembra che sei arrivato già alla sentenza (inappellabile?)
Pertanto voglio ricordare che:
- per fare bio occorre un organismo di controllo che ha dei costi (anche se ci sarebbe una apposita misura per rientrare delle spese, ma se valuti bene il numero delle domande archiviate o rinunciate ti accorgi che il costo c'è e rimane tale)
- coltivare bio significa non poter fare ciò che pare ma dover alla natura ciò che è possibile fare
- non è scritto da nessuna parte che gli agricoltori bio sono più bravi o più capaci degli altri
- non è vero che il bio percepisce un reddito superiore, a tal punto che i contributi erogati dai psr non sono dei premi per agricoltori virtuosi ma tendono proprio a compensare i minori ricavi o i maggiori costi del bio
- normalmente le produzioni bio sono ridotte rispetto al convenzionale e i prezzi più alti servono a compensare la minore produzione
- etc
" coltivare bio significa non poter fare ciò che pare ma dover alla natura ciò che è possibile fare "
EliminaE' la natura quindi a decidere che è possibile usare le piretrine o il rotenone?
GranBio
Eliminasi può coltivare il grano duro in cento modi diversi con costi che vanno dai 300 € ai 1000 €/ha.
Io, a domande precise, rispondo. In passato ho già pubblicato una disamina sintetica dei miei costi, come anche altri che sono intervenuti.
A me era sembrato dal tenore di alcuni interventi, che auspicavano una conversione verso il biologico, che il Bio fosse anche più redditizio del convenzionale, al di là dei contributi. Si vede che mi sono sbagliato.
Le tue precisazioni comunque sono in linea con quello che pensavo, ovvero al momento il bio si regge economicamente, a causa di quanto tu giustamente riporti (minori ricavi più maggiori costi), ancor più del convenzionale sui contributi pubblici. Ciò me lo rende una strada impercorribile personalmente. Nella mia visione, una azienda economicamente sostenibile nel tempo deve basarsi principalmente sulla propria capacità autonoma di produrre reddito.
Dissento da te su un aspetto, chi fa l'agricoltore bio sul serio (ma non siete tantissimi, temo) va riconosciuto che deve essere più in gamba dell'agricoltore convenzionale. La tecnica biologica è molto più articolata e richiede maggiore attenzione e sensibilità.
x anonino
Eliminale piretrine od il rotenone ti serviranno a ben poco quando proverai a coltivare il grano duro oltre i 650 m. slm
anonimi per favore contrassegnatevi in qualche modo, altrimenti non si riesce a seguire.
Eliminagrazie
per Granduro
EliminaIn questi termini concordo con te circa la tua ultima affermazione.
E' pure vero che il problema del Bio è il pseudo-bio.
si lo capisco, il pseudo-bio è chiaramente un danno per voi che lo fate sul serio.
EliminaIo però del bio contesto l'integralismo.
Per alcune colture e per alcuni prodotti il bio è una esagerazione - nel senso che alcune produzioni convenzionali non sono necessariamente così dannose sia in termini ambientali che di salubrità (anzi direi che sono indistinguibili)- ed addirittura in alcuni casi questo integralismo può anche tramutarsi in uno spreco - cioè se fai un bilancio energetico del sistema biologico vs il sistema convenzionale in certi casi ti potrai anche rendere conto che il biologico consuma di più e può anche inquinare di più.
Insomma il biologico vorrebbe essere un sistema coerente di gestione del sistema agricolo (ciò non esclude che in alcune aziende si possa anche realizzare naturalmente), ma in realtà almeno per come è strutturato, in generale, lo è poco.
"le piretrine od il rotenone ti serviranno a ben poco quando proverai a coltivare il grano duro oltre i 650 m. slm"
EliminaPotresti spiegarti meglio? Non capisco cosa vuol dire che coltivare bio è chiedere alla natura ciò che è possibile fare. Come dichiarazione di intenti mi sta anche bene ma non la capisco dal punto di vista pragmatico.
Anonimo1
Quando semini il grano duro in zone limite tra la collina e la montagna, a causa del clima più freddo della bassa collina il grano germoglia e poi rallenta la crescita fino a quando non passa l'inverno, ed intanto le infestanti sopratutto graminacee prendono il sopravvento, anche quando alla semina il terreno era pulito e bene coltivato. Allora ti renderai conto che è meglio rinunciare al grano duro, e l'agricoltura biologica che permette l'uso di certi prodotti non ti viene incontro. Vuol dire che non c'entra nulla, cosi come la tua affermazione.
EliminaAnonimo
Eliminami pare che la mia affermazione iniziale non fosse relativa al grano duro ma all'agricoltura bilogicao in generale. O vuoi dirmi che solo il grano duro può essere coltivato in modo biologico? Nel caso specifico la tua mi sembra una risposta pragmatica che non c'entra niente con il dover chiedere alla natura cosa si può fare e cosa no. Non è che bisogna sempre cercare presupposti per fare polemiche.
Anonimo1
Sugli oboli che noi convenzionali paghiamo al biologico e che determinano una distorsione del mercato (a mio avviso):
RispondiEliminaIl 18 marzo 2002, sulla G.U. n°65 è stato, pubblicato il DM 03/01/2002 che individua i fertilizzanti soggetti al versamento del contributo del 2%.
La lunga lista di concimi si può sintetizzare in: calciocianamide e derivati, urea (derivati e condensati), prodotti con diciandiamide, tutti i fertilizzanti composti, organominerali e liquidi che contengono i concimi sin qui elencati ed, infine, una serie di prodotti a base di microelementi in forma chelata.
Come tutti i contributi ci sarà un soggetto all'origine (produttore/importatore) che lo evidenzierà in fattura al fine di versarlo nelle casse dello Stato, successivamente diverrà una parte del prezzo d'acquisto che si riverserà sino alla fine della catena distributiva: l'agricoltore italiano. In poche parole, dallo scorso 18 marzo i fertilizzanti elencati nel Decreto costeranno il 2% in più.
A cosa serviranno i circa 2,5 milioni di Euro (5 miliardi di lire) prelevati al comparto fertilizzanti? Si aggiungeranno agli 1,8 milioni di Euro provenienti da altri settori sempre a carico dell'imprenditore agricolo (fitofarmaci e presidi sanitari) ed al contributo statale di 7,7 milioni di Euro, per formare il fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica e di qualità.
Detto fondo è finalizzato al finanziamento di programmi concernenti: sostegno e sviluppo della produzione agricola biologica mediante incentivi agli agricoltori; potenziamento dell'attività di ricerca e sperimentazione in materia di agricoltura biologica, sicurezza e salubrità degli alimenti; informazione dei consumatori sugli alimenti ottenuti con metodi di produzione biologica.
Comunque io non voglio colpevolizzare l'agricoltura biologica, penso però che sia una strada come un altra per fare impresa in agricoltura. Può andar bene come male, ma non mi sembra che possa essere eletta a strada maestra, per risolvere i nostri problemi.
RispondiEliminaIl biologico è un pianeta ancora da scoprire per i burocrati della pac,se la cullano perchè intravedono possibilità di intrallazzi per loro,e niente di più,il consumatore che acquista biologico non deve fare i conti per come arrivare a fine mese,e chi esercita in quel campo ha molti più margini di guadambio,naturalmente gli và riconosciuta una capacità imprenditoriale più professionale,poichè interagire direttamente con quel tipo di consumatore,e non è da tutti.
RispondiEliminaMa tuttavia sè la discussione si sposta direttamente sugli aiuti,allora vuol dire chè al netto di essi,non cè guadambio,e allora perchè coltivare,quando l attuale pac ti sovvenziona anche senza esercitare?
Meglio riconvertisi,e continuare a prendere la pac.
Non si tratta di guerra tra poveri,si tratta di adottare misure chè garantiscano un reddito minimo garantito a chi fa attività agricola,supportato da un reddito dimostrabile, proveniente dalla stessa attività,a prescindere da come uno imposti la propria azienda,basta elargire fondi agli avvocati,dottori,operai,impiegati ,imprenditori edili e quant altro,i cui redditi principali non sono proventi agricoli
La pac assorbe oltre il 40% del bilancio comunitario,quale percentuale di questi soldi finiscono realmente nelle aziende agricole attive,con reddito agricolo come principale strumento di sostentamento alla stessa?
@granduro
RispondiEliminascusa se ti rispondo solo ora. Ti ho fatto l'esempio che ti ho fatto perchè davanti a me nella realtà.
Per rispondere alla tua richiesta di fare il confronto tra medesime colture.
Due aziende di 40 ettari a soia-grano e altri seminativi nella nostra regione: PAC identica (304,00 €/ha)+ mis. 214 (sia x il bio che il convenzionale integrato o ecocompatibile: quindi diserba in post-emergenza, registri in rodine e altre attenzioni): premi sovrapponibili di circa 220,00 €/Ha. Poi x SOLO il convenzionale i ns. burocrati hanno previsto la misura di incremento del carbonio: ossia se si apporta s.o. palabile sono altri 180 €/Ha. L'azienda biologica, NON ha diritto di accesso a tale misura! Ergo da noi l'a. BIO ha meno misure di pagemnti.
Detto questo, resta intatto il capitolo di chi rilascia nell'ambiente volente o nolente molecole, che hanno poi un effetto diretto o indiretto di danno economico (vedi contaminazione dei pozzi, o di raccolti bio) alla collettività, piuttosto che a singoli privati. E data che siamo agricoli e agronomi e non medici, tralasciamo tutto il capitolo dei contaminanti (residui ammessi x legge su derrate).
Ciao KPI68
EliminaSkept, sei quasi il commentatore più assiduo del blog, quando ti prenderai un nick, per farti riconoscere da tutti?
EliminaCapisco, grazie per le informazioni. Confrontarsi su un blog consente di allargare i propri orizzonti. Mi dispiace che manchi Granturco (il mio coautore nordico) in questo momento. Perché avrebbe potuto dire la sua su questi aspetti. Da quello che mi ha raccontato in passato da lui si pratica questa misura dello spargimento della S.O.
RispondiEliminaPosso solo dirti che qui in Sicilia assisto sempre più al diffondersi di seminativi biologici al solo scopo di accedere a più contributi. Se vedessi questi campi ti renderesti conto che si tratta di una agricoltura di livello veramente scadente.
Poi insieme a queste realtà esistono ottimi agricoltori-allevatori Biologici come GranBio ed Ettore Pottino che fanno il loro lavoro con scrupolo e serietà.
In conclusione secondo te, il biologico cammina sulle sue gambe? Oppure ha ancora bisogno dell'intervento pubblico per stare sul mercato?
Sempre sui contributi Bio
RispondiEliminada http://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/2011/ottobre/emilia-romagna-prima-regione-bio
Dal 2007 a oggi il biologico pur contando meno del 3% del totale delle aziende agricole regionali ha ricevuto finanziamenti dal Piano regionale di sviluppo rurale per un totale di 181 milioni di euro pari al 34% dei contributi complessivi. Si tratta in prevalenza di contributi volti a compensare i maggiori costi derivanti dall’applicazione dell’agricoltura biologica a fronte del riconoscimento del beneficio ambientale che questo tipo di agricoltura rende alla collettività.
@granoduro: temo, che la risposta generalizzata alla tua domanda di conclusione, sia che l'agricoltura tutta (dall'Europa al nord America) stia in piedi grazie alle sovvenzioni. A me, come penso a molti altri, piacerebbe un reale libero mercato. Il che significa, che si fa un mercato unico tra sistemi-paesi che hanno "regole" equivalenti; altrimenti è la solita concorrenza distorta e sleale, che potrebbe finire con il sopprimere chi ha le regole sociali, previdenziali, ecc., più restrittive: cioè questa parte del mondo. Che è di fatto quanto avviene oggi con il commercio globale. Quindi bisogna essere pragmatici e per sopravvivere bisogna cercare di differenziarsi e produrre specificità, e ritagliarsi spazi di mercato non occupabili dai competitor che lavorano in condizioni di vantaggio (sleale). Concludo con il mio piccolo esempio, essendo io un micro-imprenditore agricolo: nel mio bilancio 2011 i contributi per il BIO sono il 4,4%; la PAC il 5,85%. Che dire: sommati rappresentano l'utile....sebbene ci sarebbero molte considerazioni da fare: azienda troppo piccola, annata "particolare", ecc. ecc. Mi piacerebbe altri agricoltori, portassero le loro percentuali. Saluti a tutti.
RispondiEliminaFare i conti non è facile,specialmente se si intende calcolare l utile.
EliminaNella mia azienda coltivare 1qt di grano duro costa da 17-a 21E,le variabili sono molte,quindi da 22E in sù è tutto guadambio da 16 in sotto è perdita.
Nel 2011 il guadambio sù 1qt di grano è stato di 16E con un costo di 19E.Ma ebbene tener presente chè l alta volatilità dei prezzi influenza molto il risultato,nel 2012 i costi di produzione potrebbero aumentare anche di un 20%,se ci accompagni le aspettative ribassiste del grano,si prospettano nubi scure all orizzonte.
La pac,io conteggio solo l art 68,poichè i titoli storici li prenderei a prescindere,quest anno 100E a ettaro,sono un contentino,pagano circa il 70% del gasolio consumato.
La migliore soluzione sarebbe avere aziende a ciclo chiuso,chè vende direttamente al consumatore,ma per un azienda cerealicola è quasi impossibile,riconvertire una parte dell azienda non è cosa facile,inserire un allevamento con macelleria annessa sarebbe uno sforzo notevole,è un po rischioso visto i tempi che corrono.e allora la soluzione sarebbe aumentare la superficie,cioe la produttività,ma sè non vuoi avvalerti di collaboratori devi investire sui macchinari,e anche questa strada non è priva di problemi,anche perchè i terreni li dovresti comperare,o almeno prenderli in affitto,operazioni non semplici.
Con l attuale pac,chi prende intorno ai 20.000.00E di aiuti,deve solo guardarsi intorno e cercare di fare qualcosa solo sè cè un minimo garantito di risultato(tipo i contratti di filiera)altrimenti con 2000,00E al mese di pac si vive benissimo,e i macchinari si riposano in magazzino ,in attesa di tempi migliori.
Il libero mercato non esiste,e non può esistere,perchè ogni popolo ,ogni nazione si sviluppa a seconda delle sue caratteristiche,e della sua cultura,quindi con interessi e specificità diverse,la nostra EUROPA è destinata a crollare poichè siamo paesi con storie millenarie diverse tra di noi,sè togli questa moneta figlia di nessuno,non resta nulla in comune.Le dogane e le sovranità monetarie operavano da regolatori dell economia,tolti questi il caos.Naturalmente questo caos è voluto e studiato a tavolino da qualcuno chè conosciamo benissimo.
Il libero mercato, infatti, può andar bene con regole uguali per tutti e pari opportunità.
RispondiEliminaAnzi io paradossalmente favorirei più i piccoli che i grandi, proprio per evitare la concentrazione di ricchezza e di potere nelle mani di pochi.
Purtroppo ci troviamo in una situazione completamente opposta nella quale il mercato globale diventa uno strumento di ricatto ed oppressione per noi produttori dei paesi cosiddetti "sviluppati".
Come resistere (perché di questo si tratta)? dal canto mio: aumentando la produttività del lavoro(e parlo del mio, perché faccio tutto da solo), e molta organizzazione. Mentre il mio prodotto non ha alcuna specificità.
Produrre specificità, nel mio campo e per come la vedo io, da più noie che risultati in termini economici.
La PAC, nel mio ultimo bilancio ha inciso per il 4% circa sinora (una inezia), mentre sull'utile circa il 10 %. Speravo che la nuova PAC riequilibrasse le sperequazioni generate dalla assegnazione precedente dei titoli storici (che andrebbe ricostruita per evidenziare le incongruità che ci portiamo dietro da 10 anni). Ma a quanto pare la politica dei privilegi acquisiti avrà ancora il sopravvento.
Sinora l'agricoltura che conosco e pratico si è retta sulle proprie gambe essenzialmente, mentre i contributi PAC hanno soltanto generato rendita fondiaria per chi l'agricoltura neanche sa cosa sia.
Purtroppo le prospettive sono molto oscure. Però il momento storico è particolare, chissà magari nel giro di pochi anni cambia tutto.