lunedì 11 giugno 2012

La Tunisia e la minaccia Globale

Qualche settimana fa evidenziai l'attivismo economico del nuovo corso tunisino, nel post" Fermento economico tunisino". Oggi ne torno a scrivere visto i rapporti tra Italia (e nello specifico Sicilia) e Tunisia sempre più stretti, e poiché, ahinoi, essi presentano, a mio giudizio, tutte le connotazioni negative, del principale fenomeno devastante che sta sconvolgendo le economie Mondiali: la cosiddetta "globalizzazione".

Mi soffermo sulla Tunisia, e su alcune questioni specifiche, perché è molto vicina alla Sicilia ed i rapporti economici fra i due territori sono abbastanza rilevanti, ma quanto vi esporrò credo sia meritevole anche di una riflessione di carattere generale.

Il primo aspetto della questione riguarda la perdita di competitività del nostro sistema economico. Per rappresentare, quanto sia sempre più grave, vi proporrò il seguente caso concreto che riguarda il settore delle colture protette in Sicilia:
molte aziende serricole del ragusano, vista la perdurante crisi del settore, negli ultimi anni non vengono più gestite da agricoltori locali, ma direttamente da tunisini, che da operai "giornalieri" si stanno trasformando in piccoli imprenditori. 
La recente esplosione della crisi economica, tuttavia, ora sta mettendo in difficoltà anche questi ultimi, sebbene siano pronti a lavorare con margini di guadagno minimi, ad accontentarsi di un tozzo di pane, oltre che di condizioni di lavoro estreme. 
Se avrete la pazienza di seguire questo TG2 Dossier, ne troverete riscontro dalla loro viva voce.
Tutto ciò mi fa temere che il nostro sistema produttivo stia diventando antieconomico anche per chi ha "cinesizzato" l'approccio imprenditoriale, ovvero costi di produzione molto bassi e margini minimi di guadagno.

Ma perché stiamo finendo fuori mercato? E qui rientra in gioco la Tunisia, sebbene anch'essa non sia altro che una  vittima del sistema globale, destinata ad essere spremuta. 
La spiegazione è semplice, cristallina ed a portata di mano, e la comunica lo stesso console tunisino in questa intervista, senza che la minaccia contenuta in essa, venga da noi siciliani avvertita come un dramma del nostro tempo, ma anzi spacciata come opportunità di business, da un giornale economico siciliano.

Eccovi l'estratto dell'intervista che riguarda Sicilia ed agricoltura:
Durante questi tre anni di operato, quali risultati ha ottenuto nell’ambito delle relazioni tra la Sicilia e la Tunisia?

“Durante questi anni di operato, si è ottenuto molto, consolidando le relazioni tra la Sicilia e la Tunisia, in particolare dopo la caduta di Ben Alì. Di recente, è venuto in visita il ministro dell’Agricoltura tunisino a Ragusa ed è rimasto quattro giorni per conoscere la tecnologia in uso nelle serre di quella provincia. È stata una visita molto importante, che si è conclusa con un accordo di cooperazione tra la Tunisia e la provincia di Ragusa”.
Quest’accordo mira a sviluppare le stesse tecnologie in Tunisia?

“Molti lavoratori che operano nelle serre a Ragusa, sono tunisini e a Ragusa esistono tecniche avanzate per la coltivazione in serra. Non tutto il territorio tunisino è fertile, poiché la parte settentrionale è montagnosa, mentre nel Sud il terreno è desertico. L’unica regione che si presta a questo tipo di attività è quella di Monastir, dove esistono già delle serre, ma la tecnologia è arretrata. Per questo motivo, alcuni nostri giovani imprenditori sono venuti per conoscere le tecniche avanzate della vostra regione per introdurle a Monastir e per migliorare la produzione
Che tipo di azienda esiste in Tunisia?
“In Tunisia, esiste l’azienda agricola che produce tutti i tipi di ortofrutta, ma la cui produzione è condotta in modo arretrato. Ora, oltre al mercato interno, vi è l’apertura ai mercati algerini e libici, per cui la tecnologia più moderna è necessaria per sviluppare la propria produzione interna. Poi, c’è l’industria turistica, che nel 2011 ha registrato una diminuzione del 70% delle presenze, mentre nei primi mesi del 2012 le presenze hanno registrato un 4% in più rispetto allo stesso periodo del 2010. è stato chiesto ai Paesi europei di non diminuire i flussi turistici così da aiutare la Tunisia, sviluppando l’economia”
Quante sono le imprese italiane in Tunisia? 
“Ci sono 672 aziende italiane che operano in Tunisia, di cui 35 sono siciliane. Le relazioni economiche tra la vostra Regione e la Tunisia stessa, però, sono aumentate negli ultimi anni del 400%”.

Ed ora il gran finale tenetevi forte:
Il Governo tunisino concede agevolazioni per far operare le aziende nel vostro Paese?

“Sì, il Governo esenta dalle imposte i redditi per 10 anni. Le imprese pagano 200 euro al mese per i dipendenti, senza contributi. Inoltre, il personale è qualificato e costa pochissimo”.
Avete capito bene, semplicemente attraversando il Canale di Sicilia,  alla nostra stessa latitudine ed in un territorio molto simile a quello siculo, esiste una realtà economica per quanto al momento arretrata, che promette esenzioni fiscali per 10 anni per le imprese che lì vorranno investire, oltre al costo della manodopera irrisoria. 
Pensate dunque voi che i prodotti siciliani, oberati da un peso fiscale tra i primi nel Mondo, e con servizi logistici, al contrario, da Terzo Mondo, potranno competere, nel prossimo futuro, con queste realtà emergenti, collocate peraltro dietro l'angolo?

Realisticamente la Tunisia, salvo nuovi imprevisti Rivoluzionari, costituirà una testa di ponte per inondare l'Europa, grazie ai trattati di libero scambio in corso di ratifica, di prodotti del tutto simili a quelli siculi, ma realizzati con costi di produzione molto bassi.

Probabilmente qualcuno dei nostri che corre verso questo miraggio, potrà pure guadagnarci, ma per chi rimane sul suolo patrio, quale futuro prevedono i nostri Governanti, a parte il pagamento delle imposte? 
Non è dato saperlo, ma nutro forti sospetti poco rassicuranti.


P.S.: siete tutti invitati a Tunisi il 14-15 giugno prossimi, per prudenza, in caso si metta  male (come successe qualche tempo fa), portatevi un canotto! 



10 commenti:

  1. La globalizzazione è servita solo a renderci piu poveri tutti, per lo meno nei paesi sviluppati. La globalizzazione implica conformazione, assenza di vere e proprie regole se non quelle di mercato. La lex mercatoria, come dicevano i romani, è spietata, poiche vince chi offre di piu per di meno, al di la della qualità etc. Qui in Toscana arriva, tanto per fare un esempio, olio tunisino, in cisterna a 1 euro al litro. Ora la domanda sorge spontanea. Ma noi qui che ci stiamo a fare? In questo paese che considera l' impresa come una vacca da mungere, piuttosto che una risorsa. Lo credo bene che abbiamo perso di competitività. Perche oggi fondamentalmente se sei competitivo(cosa difficile a quegli indici di prezzo cosi bassi) resti sul mercato, altrimenti si viene espulsi automaticamente dal mercato. Dobbiamo trasferirci in Tunisia pure noi?

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  2. I nostri governanti di destra e di sinistra sono semplicemente dei delinquenti irresponsabili!!!!!!!
    La globalizzazione mercatoria non è applicabile a paesi in cui la forbice concernente i costi di produzione è di 1 a 5 ovvero per il nostro paese del più (+) 500% quando va bene.
    Pertanto, propongo dazzi all'importazione nei confronti di tutti i paesi in cui il costo di produzione bassissimo uccide la nostra economia.

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  3. Naturalmemte questo deve valere non solo per l'Italia ma anche per la Francia, La Germania, L'inghilterra, la Spagna, la Svezia, la Norvegia, etc., etc. ovvero nei confronti di un mercato di circa 350 milioni di europei.
    Qualità, Qualità, Qualità, perchè la salute viene prima di qualsiasi speculazione globale.

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  4. Non vedo perché un paese come la Tunisia non possa produrre prodotti di qualità pari a quella siciliana, con gli opportuni investimenti. Anzi di qualità superiore nel lungo periodo, una impresa messa in condizioni economiche prospere infatti, produce più facilmente qualità, rispetto ad una che sopravvive.

    In generale, pensare che ciò che venga da fuori è di qualità inferiore, è riduttivo. Sebbene vi siano casi di importazioni di pessima qualità, in altri casi non è affatto detto. Ed in prospettiva lo sarà sempre meno. I paesi esportatori si organizzano.
    Vogliamo qualità e ce la daranno, ad un prezzo inferiore al nostro, se non fosse chiaro.
    Alla fine, esasperare gli standard qualitativi delle merci, si ritorcerà contro di noi.

    Io penso che noi dobbiamo pretendere una politica protezionistica dal nostro Stato per mere questioni economiche. Lo Stato riceve tasse ed imposte da noi, in primis, per fare gli interessi dei suoi cittadini e delle sue imprese, non certo per fare da garante degli scambi del mercato globale.

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  5. Puntare sulla qualità a volte funziona e a volte no.
    Per adesso, nel mercato dell'auto, ai tedeschi sta funzionando, così come nel mercato del vino, a parecchi nostri colleghi è andata benissimo, ma è difficile generalizzare.

    La cosa certa è che, se si punta sulla qualità, bisogna poi essere capaci di portarla avanti fino in fondo... altrimenti diventa un autogoal.

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    1. puntare sulla qualità all'interno di un sistema economico competitivo ed efficiente, funziona senza dubbio. Ed i tedeschi insegnano, certo quando una Fiat ed una WW costano praticamente lo stesso prezzo, chiaro che la qualità paga e fa vendere il prodotto.

      Circa i produttori di vino, direi per la mia esperienza siciliana però che a pochi va benissimo, ed a parecchi va malissimo.
      Io lo considero più un successo di marketing che di qualità, ma il vino è un settore molto particolare con una clientela tutta sua, che non è riuscito a replicare i propri successi in attività affini, seppure in alcuni casi gestite dalle stesse imprese (vedi olio ad esempio).

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  6. operare in Tunisia non dev essere molto facile-t.euronews.com/2012/06/13/tunisia-coprifuoco-in-8-governatorati/
    La qualità paga sempre,fino a quando la società in cui si opera è omogenea,poi a un certo punto essa fa la differenza-
    VW e Fiat non costano uguale,ma se a consumare certi prodotti restano consumatori di una fascia medio alta,essi possono permettersi di decidere a chi dare i loro soldi,e li danno ai produttori più efficenti-fiat faceva e fà auto per le fasce medio basse, le quali essendo entrate in crisi non spendono più e basta-e la stessa cosa vale per il cibo-l eccellenza del vino italiano è solo una barzelletta,tolto qualche marchio che ha saputo fare marketing,il resto è un pianto amaro,- ebbene ricordarsi che il mercato lo fanno i consumatori-un consumatore con il portafogli pieno sceglie liberamente a chi dare i propri denari,uno con un credito limitato,aquista quello che può permettersi-ecco perche vanno a produrre in questi paesi morti di fame-disperati che producono per dei disoccupati-chi aveva imperniato la propria produzione sulle fascie sociali medio basse,oggi va a spasso-
    Grazie globalizzazione!!!fanculo chi l ha sostenuta e chi continua a sostenerla,qui non ci si rende conto che se si continua di questo passo succedera l inevitabile-una bella guerra e ripristino delle frontiere-

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    1. Il discorso sulla qualità in realtà è molto complesso.
      Fiat e VW costano lo stesso prezzo o no? Io non lo so, è da un pezzo che non compro auto.
      Certo, investire sulla qualità ha un costo, che poi in qualche modo devi far rientrare altrimenti la cosa non funziona.
      Per quanto riguarda i vini italiani, che sia solo un discorso di marketing e non di qualità non sono d'accordo... così come non sono d'accordo i miei amici di Dogliani o della Valpolicella. Sicuramente conta anche il marketing... ma con marketing da solo non si va da nessuna parte. Ma non credo che sia questa la sede per discuterne....

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    2. per quello che mi dicono la nuova Fiat 500 costa quanto una Mercedes classe A, praticamente. La WW forse costa anche meno.

      La qualità nel vino non è oggettivamente misurabile. Se non la posso misurare come faccio a valutarla?

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    3. Be sulle auto ebbene sapere che esse si dividino per segmenti-A B C D .se riesci a conquistare il mercato di C_D i margini di guadambi sono elevati e ti permettono di reinvestire in tecnologia e prodotti-con A-B sei costretto a fare i numeri e i guadambi sono minimi,e di capitale da reinvestire ne resta poco,nel tempo ci rimettono tecnologia e prodotto-Fiat 500 = classe A? no non mi risulta-diciamo circa 10000E di differenza,ma se avessi 30000E da spendere comprerei GOLF anziche GIUlietta- classe A anzichè lancia Delta-ne avessi 40000? mercedes-bmw-audi-vw--in questo segmento fiat non cè ,e allora niente introiti exstra-se produci per i morti di fame,ti devi accontentare,se produci per i ricchi puoi speculare,ma li devi accontentare-ecco quando la qualità fa la differnza-
      Caro orzo vestito,perche ritieni che qui non siamo in grado di parlare di qualita?io sono un ALFISTA maniacale,le ho sempre aquistate nuove,mai avuto problemi,ma ad oggi valgono un 60% del loro prezzo,le concorrenti sono avanti anni luce-il vino? io più di una volta ho aquistato vino estero-californiano-cileno-portoghese-palestinese-australiano-non hanno nulla da invidiare ai nostri vini-certo non si sono fatti pubblicità sui ring pugilistici americani(vedi cantina tollo)non riescono ad influenzare le riviste che li pubblicizzano,ma non per questo sono scadenti-e lo stesso vale con l olio d oliva-in spagna si fà dell ottimo olio-
      Da italiano io aquisto solo italiano-ma a parita di prezzo qualità-perchè se posso scegliere,aquisto solo il migliore a prescindere dalla provenienza-
      Poi come fa notare granduro,ma come si misura la qualità del vino?con quel pentolino appeso al collo esclamando che sà di cuoio e di frutti di bosco?ai denti glieli darei il cuoio,.pubblicità,solo pubblicità-

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