domenica 8 dicembre 2013

Le varietà di Duro Bio (aggiornato con indici di resa storici)

Pur essendo un "bioscettico", non posso fare a meno di notare che il Duro biologico è una realtà in costante espansione...siamo ormai sugli 88.000 ettari in Italia. D'accordo una piccola (o grande) parte lo sono soltanto sulla carta...ma per quanti ci si dedicano seriamente e per coloro che come me praticano una granicoltura poco intensiva, le tabelle seguenti sui risultati delle prove nazionali delle varietà di grano duro  in regime biologico potrebbero fornire qualche utile indicazione.



Le tabelle sono estratte da I.A. n.36/2013 e riprendono i dati della Rete del MIPAAF.
La prima sotto riguarda il Centro Nord e la lascio commentare eventualmente ai lettori di quegli areali. Inserisco soltanto la scheda di Hathor qui e qui.


Qui al Sud, ottimi risultati tra le varietà in prova ha dimostrato la "Meridiano" della PSB (che ringrazio per la sponsorizzazione del blog ;-)). Qui trovate il link con la scheda tecnica. Una varietà caduta nel dimenticatoio per quel che riguarda la tecnica convenzionale, ma che sembrerebbe avere delle potenzialità non trascurabili. Il suo successo nella prova, sembrerebbe essere dovuto alla contemporanea combinazione di un elevato numero di spighe m2 (tenendo conto del regime biologico), ciclo precoce, ed altezza superiore alla media (70 cm) che consente una maggiore competizione con le infestanti. Insomma sembrerebbe essere stata capace in questa annata di occupare al meglio lo spazio del campo sia in superficie (grazie alla maggiore fittezza) che in altezza, oltre che di anticipare la produzione limitando la competizione.



Per quanto riguarda le altre varietà sembrerebbe che, nel complesso, quelle di più recente costituzione si adattino meglio di quelle meno moderne (relativamente ai genotipi in prova, naturalmente).
I risultati della prova di Catania sono stati impressionantemente bassi, colpa della siccità che l'anno scorso ha interessato la zona della Piana di Catania.

La relazione dei risultati ha un grosso e grave difetto, manca qualsiasi riferimento alla tecnica colturale usata. Il regime biologico non è un tecnica standardizzata per cui i risultati andrebbero valutati anche in riferimento alla tecnica colturale. Ad esempio le infestanti erano controllate meccanicamente, oppure no? I campi erano fertilizzati con concimi organici?  Mah...meglio non farsi troppe domande.

P.S.: Un pò in ritardo questo post sulle varietà, ma meglio tardi che mai. Mi sono Ministerializzato anche io.

Aggiornamento del 9-12-13
Potenza del Blog....mi è stata gentilmente inviata, direttamente dalla fonte I.A. (Informatore Agrario), la tabella della scheda agronomica ed una tabella delle rese storiche (che non facevano parte dell'articolo originario da me consultato sul cartaceo).



6 commenti:

  1. Noto l’integrazione oggi della tecnica colturale. Non sapevo di concimazioni in biologico, ma a questo punto dove sta la convenienza? Ossia si ritorna al circolo vizioso dell’agricoltura tradizionale con forti imput esterni: concimi, trattamenti, diserbanti, poi altri diserbanti in caso di resistenze e altri trattamenti, insetticidi e via discorrendo, acquisto di macchinari correlati così da lavorare per i commercianti e le industrie. Poi una annata brutta e vai in perdita di brutto e fai i debiti.

    RispondiElimina
  2. Toni concordo con le tue perplessità, ed aggiungo che nulla vieta un'agricoltura biologica intensiva, come in effetti alcuni fanno.
    Peraltro può anche rilevarsi più inquinante per certi versi dell'agricoltura convenzionale...immagina un concime organico somministrato in quantità che rilascia i nutrienti quando pare a lui e non in corrispondenza delle necessità della coltura.

    RispondiElimina
  3. Che io sappia, almeno in pianura Padana, le problematiche della fertilizzazione organica e relativo rilascio di azoto ,sono comuni sia per l'Ab che per l'Ac.
    Per quanto riguarda dosi , epoche di distribuzione e modalità di interramento, sono regolamentate allo stesso modo dalle norme sui nitrati ,che sono trasversali.
    I quantitativi maggiori di azoto organico sono distribuiti in Ac, per via del maggior carico di bestiame.di cui dispongo le aziende convenzionali,
    La problematica maggiore dell'Ab , derivante dal non poter utilizzare azoto di sintesi , oltre il più alto costo unitario,a mio avviso è proprio quella sottolineata da Granduro :non poterne apportarne, quando le condizioni ambientali climatiche( freddo) non consentono il prelievo , da quello residuale o da apporti organici, per un quantitativo sufficiente al fabbisogno della coltura.
    Ed è questo soprattutto per quanto riguarda i cereali,il fattore che limita maggiormente la produzione unitaria ..a meno di coltivarli in rotazione a lunghi intervalli, con medicai,prati e colture leguminose.
    Per quanto riguarda invece il rischio di perdite di azoto ,contano dosi , modalità ed epoca di distribuzione e interramento,ma anche e direi soprattutto, la presenza o meno di coltura nei periodi più critici e soprattutto per quanto riguarda il rischio lisciviazione:in corrispondenza delle prime piogge autunnali su terreno ancora caldo e in corrispondenza della tarda primavera, quando si verificano condizioni simili( ma in quel periodo di norma una coltura c'è)
    Per quanto riguarda invece le anticipazioni e i rischi legati agli gli imput,se quelle bio sono aziende senza allevamento, spendono prevalentemente solo per il seme (non sempre perché gran parte se lo riproducono) e concime organico..in caso contrario spendono poco anche di fertilizzanti
    In ogni caso non c'è paragone tra le anticipazioni di un risicoltore o un maiscoltore in convenzionale e un bio (che difficilmente coltiva quelle colture,di solito i bio fan orticole officinali,soia , cereali e/o allevamento). in fatto di fertilizzanti, diserbi,geodisinfestanti,fungicidi etc
    .Sull'uso delle macchine invece direi che sono quasi pari:se il bio è un allevatore di solito ha prati e tra fienagione ,spargimento reflui..di consumo di macchinario ne ha,come pure di lavoro manuale nell'accudire il bestiame.Costi che ha anche l'allevatore convenzionale, ma quest'ultimo tende maggiormente a essere meno autosufficiente nell'alimentazione del bestiame ,se non allevarlo in soccida.

    RispondiElimina
  4. Il bio mal si addice alle grosse estensioni o colture intensive ma bensì un ritorno al passato con il lavoro fisico per il controllo delle infestanti al centro. I più vecchi mi capiranno.

    RispondiElimina
  5. Toni concordo , anche secondo me,il bio non si addice molto a poche colture intensive..

    Per le grosse estensioni dipende da disponibilità e costo di terra ed eventualmente acqua.Chi ne dispone in abbondanza e basso costo, oltre ad escludere le colture più sensibili alle problematiche della concimazione azotata , cerca di contenere le infestanti, per quel che gli riesce, meccanicamente ,con le colture di copertura , sfalsandone in ciclo di andata a seme/disseminazione con le rotazioni e in post raccolta con appositi svecciatoi..Il controllo manuale ,viene utilizzato solo nel caso di poche infestanti e alle prime comparse,diversamente viene considerata una battaglia persa in partenza. Preferiscono distruggere un campo infestato da infestanti che non si è riusciti a controllare e puntare su un'altra coltura, piuttosto che lasciarlo disseminare.E' una mentalità che, almeno per me che non sono in quelle condizioni aziendali , è diificile da far rientrare nel nostro ordine di idee di coltivatori convenzionali,salvo poi pentirsene,con il senno di poi,quando ci si trova di fronte a infestazioni contro cui non c'è nessun mezzo chimico efficace.

    RispondiElimina
  6. Io parlo solo come cerealicoltore-in questo comparto il bio è proprio per le grandi superficie-con un allevamento interno,possibilmente (obbligatoriamente) con uno sbocco commerciale diretto verso il consumatore-le infestanti le si controlla innanzitutto lasciando i campi per almeno 2 annate a fienagione,poi agendo direttamente sul seme con svecciatoi-lo spargimento di letame nei campi ,insieme ad una lunga fienagione assicura al terreno il giusto apporto di azoto,poi vi sono alcune varietà di cereali,a paglia alta che combattono con le infestanti in modo egregio,-un'azienda grande ,se di proprietà assicura una discreta pac,e con un comparto produttivo che si rivolge direttamente al consumatore ,secondo il mio parere praticando bio sarebbe in vantaggio di fronte ad una simile nel convenzionale-naturalmente,l'areale dove si vuole esercitare tale pratica ha una rilevanza predominante-

    RispondiElimina