domenica 17 novembre 2013

Vendesi Italia Agricola...Isola compresa

Una compiaciuta indagine di Coldiretti ci annuncia che dal 2007 sempre più aziende agricole italiane sono state acquistate da stranieri. In Sicilia poi è un vero boom con ben 2206 imprenditori agricoli provenienti dall'estero.








CRISI: STRANIERI “ASSALTANO” LE CAMPAGNE ITALIANE (+11%)
I terreni della penisola sono diventati la banca di svizzeri, tedeschi e francesi
Dopo i grandi marchi del Made in Italy, gli stranieri assaltano le campagne italiane con un aumento dell’11 per cento delle aziende agricole passate in mani estere durante gli anni della crisi ed oggi si conta un totale record di 17.286 imprenditori agricoli stranieri che operano in Italia nel settore agricolo. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti, sulla base dei dati Inea-Infocamere  rispetto all’inizio crisi nel 2007, divulgata in occasione dell’Assemblea elettiva, dalla quale emerge che l’agricoltura è il settore che è stato piu’ in grado di attirare gli stranieri in netta controtendenza all’andamento generale.
Gli investimenti nelle aziende agricole - sostiene la Coldiretti - non sono infatti delocalizzabili e le opportunità di sviluppo che possono creare sono legate ai territori italiani, a differenza di quanto accade per le altre attività economiche, dove spesso al passaggio di proprietà ha fatto seguito la chiusura degli stabilimenti ed il loro trasferimento fuori dai confini nazionali”
In coincidenza con la piu’ grave crisi economica degli ultimi decenni, l’agricoltura - sottolinea la Coldiretti - ha fatto segnare il record negli investimenti stranieri per la grande attrattività che esercita all’estero. I terreni agricoli della penisola sono praticamente diventati la “banca” degli svizzeri che - sottolinea la Coldiretti - con il 16 per cento del totale delle proprietà agricole sono la nazionalità piu’ rappresentata tra gli imprenditori agricoli stranieri presenti in Italia, proprio mentre gli italiani sono tentati dall’esportare i propri capitali per metterli in sicurezza.
Sul podio degli investitori stranieri - continua la Coldiretti - ci sono a seguire i tedeschi (15 per cento) ed i francesi (8 per cento) che apprezzano il potenziale economico del Made in Italy agroalimentare, ma anche la qualità della vita delle campagne nazionali. Forte la presenza anche di rumeni, (5 per cento), statunitensi (4 per cento), inglesi (4 per cento) e belgi (3 per cento). Gli imprenditori agricoli stranieri non provengono pero’ solo da economie forti, ma a scegliere il Belpaese sono soprattutto i giovani, con quasi due investitori su tre (61 per cento) che – precisa la Coldiretti - hanno meno di 50 anni.
Gli stranieri investono nell’agroalimentare Made in Italy perché gli ottimi risultati fatti segnare sul mercato estero, grazie all’immagine conquistata nel tempo, dimostrano che nel settore, anche se non c’è ancora il giusto reddito, c’è una prospettiva di futuro che non viene adeguatamente riconosciuta in Italia dove troppo spesso - sostiene la Coldiretti - si preferisce guardare al contingente e non al modello di sviluppo sul quale puntare per far crescere il Paese e cioè le leve uniche ed inimitabili di distintività come il cibo, il territorio, la tradizione, la cultura e il paesaggio.
La maggioranza delle aziende agricole acquisite dagli stranieri - precisa la Coldiretti - si trova in Toscana (14 per cento), il 13 per cento in Sicilia, il 7 per cento sia in Veneto, che nel Lazio e Campania. Ed è proprio nelle campagne toscane che quest’anno un imprenditore cinese della farmaceutica di Hong Kong, ha acquistato per la prima volta un’azienda vitivinicola agricola nel Chianti, terra simbolo della Toscana per la produzione di vino: l’azienda agricola Casanova - La Ripintura, a Greve in Chianti, nel cuore della Docg del Gallo Nero.
 IMPRENDITORI AGRICOLI STRANIERI PER REGIONE DI INVESTIMENTO
Regione Imprenditori stranieri
Toscana 2.392
Sicilia 2.206
Veneto 1.235
Lazio 1.215
Campania 1.199
Piemonte 1.049
Emilia-Romagna 1.000
Puglia 940
Lombardia 824
Abruzzo 805
Umbria 720
Friuli-Venezia Giulia 673
Marche 584
Calabria 555
Sardegna 531
Trentino-Alto Adige 437
Liguria 370
Molise 261
Basilicata 260
Valle d’Aosta 30
ITALIA 17.286


DISTRIBUZIONE PERCENTUALE DEGLI IMPRENDITORI AGRICOLI STRANIERI PER PAESE DI PROVENIENZA
Primi 10 Paesi Imprenditori stranieri Distribuzione

Terre_in_mano_straniera_Inea_2_paesi.jpg

Fonte


Per Coldiretti la colpa è nostra che non crediamo nelle straordinarie potenzialità del nostro Paese ed anzi veniamo accusati di portare i capitali all'estero (e grazie se ogni mattina c'è il rischio che i conti correnti vengano alleggeriti da qualche manovra fiscale notturna alla Giuliano Amato).
Coldiretti sembra non rendersi conto che all'estero proprio nelle nazioni dalle quali provengono i maggiori investimenti, l'accesso al credito è semplificato ed a basso costo, rispetto alle condizioni che vengono poste in Italia.
Il famoso spread in cosa consiste secondo Coldiretti? 
Un investitore straniero può contare su un credito erogato a tassi molto inferiori rispetto ad un italiano (nel Sud Italia, il Credit Crunch agricolo è particolarmente manifesto, peraltro). In questo modo è evidente per chiunque che un tedesco, ad esempio, avrà una maggiore disponibilità di liquidità e potrà rivolgere la propria attenzione (come sembra avvenire) verso l'acquisto di beni immobili di altre Nazioni in difficoltà...acquistabili a prezzi scontati.
Questo fenomeno è una sorta di carry trade, cioé nell'ambito della finanza internazionale, la pratica speculativa consistente nel prendere a prestito del denaro in paesi con tassi di interesse più bassi, per cambiarlo in valuta di paesi con un rendimento degli investimenti maggiore in modo sia da ripagare il debito contratto sia da ottenere un guadagno con la medesima operazione finanziaria.
Quando interessa specificatamente i terreni agricoli, questo fenomeno è anche chiamato più propriamente "Lang Grabbing", già noto in Africa, ma anche in Grecia, e che la stessa Coldiretti ha stigmatizzato nel recente  passato (vedi qui). Ora che accade in Italia invece va tutto bene, è un segno di vitalità della nostra agricoltura!!

In Sicilia, Regione tra le più acquistate, poi manca poco che i responsabili locali Coldiretti, tirino fuori lo champagne per festeggiare con Carole Bouquet ed i Simply Red (che sono soltanto la punta dell'iceberg, rispetto alle società di Capitali  che acquistano terreni):

Quanto alla Sicilia, commentano il presidente e il direttore della Coldiretti regionale, Alessandro Chiarelli e Giuseppe Campione, «il secondo posto in graduatoria è stato guadagnato grazie ad una serie di caratteristiche che dimostrano il valore dei fattori di produzione isolani, primo fra tutti il clima. Al di là dei personaggi famosi come l'attrice Carole Bouquet o il cantante Mick Hucknall dei Simply Red che hanno scelto Pantelleria e l'Etna per produrre il loro vino - aggiungono Chiarelli e Campione - se molti stranieri hanno deciso di mettere su un'impresa agricola in Sicilia vuol dire che credono nelle potenzialità di questo settore, che dimostra così di essere vitale e indispensabile per l'economia regionale»

Fonte




Una bella mano agli acquisti stranieri in Sicilia l'ha data, in passato, la legge Cuffaro, che praticamente ha azzerato (creando un buco di bilancio che stiamo ancora pagando), sino al 2012, le imposte di registro sulla compravendita dei terreni anche per gli stranieri, contro un 18 % di imposte circa che venivano prelevate sul restante territorio nazionale.

Tuttavia il fenomeno non ha coinvolto soltanto la parte agricola siciliana ma un pò tutto il sistema produttivo siculo anche industriale (vedi qui), e non certo per le romantiche motivazioni addotte da Coldiretti:
"La crisi ha svalutato il mercato siciliano - afferma Cleo Li Calzi, manager palermitana, presidente di Sviluppo Italia Sicilia - un mercato che vantava già dei prezzi più vantaggiosi rispetto al resto del Paese. I costi d'insediamento per le imprese estere presentano degli "sconti" anche del 70 per cento. E non dimentichiamoci dei contributi europei, più facili da reperire qui rispetto alle altre regioni".
Ma qualcuno potrebbe chiedersi allora: ma cosa ci sarebbe di sbagliato negli investimenti stranieri, in fondo anch'essi possono portare ricchezza e prosperità anche se parlano un altra lingua?...forse...ma tralasciando gli aspetti più o meno di opportunità nazionale...va ricordato che nel caso siciliano, la Regione gode di autonomia fiscale...un'arma a doppio taglio...tutte le tasse raccolte sul territorio vengono riutilizzate nell'isola. 
Il gettito fiscale tuttavia non comprende coloro che non hanno il domicilio fiscale nell'isola (lo comprenderebbe in teoria se l'art.37 dello Statuto della Regione non fosse sinora stato disatteso). In pratica chiunque operi in Sicilia ma mantenga la propria residenza fiscale all'estero o anche semplicemente in un comune della Penisola sinora non ha versato un Euro di imposte dirette nelle casse dell'Isola (anche per le attività condotte in Sicilia).
Man mano dunque che la Sicilia viene colonizzata, ai contribuenti siciliani si sostituiscono soggetti extraregionali che non hanno alcun obbligo fiscale nei confronti dell'Isola, con ciò esacerbando la pressione fiscale sui siciliani, tanto che le aliquote Regionali e Comunali, oggi sono tra le più alte d'Italia.

Dunque da tutto ciò possiamo trarre una conclusione: conviene investire in Sicilia...si...ma meglio se prendete prima una cittadinanza straniera, vi rifornite di liquidità a basso costo, investite in beni immobili in svendita nell'Isola, ma mantenete la residenza fiscale fuori...e possibilmente anche il conto corrente.
Perché il nostro è un mercato Protezionista, si...ma per gli stranieri!






P.S.: la Fima sull'argomento mi ha spedito questo comunicato:

Agricoltura, Fima: gli stranieri ci invadono e i sindacati pensano ai tesoretti

Mentre gli invasori stranieri, con l’ aiuto delle loro banche, vanno all’ assalto delle aziende agricole italiane, le nostre organizzazioni sindacali si preoccupano di come spartire il bottino che rimane della bancarotta dell’ agricoltura italiana. Così Saverio De Bonis, coordinatore della Fima, federazione italiana movimenti agricoli.

I dati riferiscono che nel settore agricolo durante gli anni della crisi c’è stato un aumento dell’11% delle aziende agricole passate in mani estere, i terreni agricoli della penisola sono praticamente diventati la “banca della terra” svizzera che con il 16% del totale delle proprietà agricole è la nazionalità più rappresentata tra gli imprenditori agricoli stranieri presenti in Italia. A seguire ci sono i tedeschi (15%), i francesi (8%), i rumeni (5%), i britannici (4%) e i belgi (3%).

“Oggi – aggiunge – oltre 17 mila imprenditori agricoli stranieri operano in Italia, in prevalenza nel centro-sud. La maggioranza delle aziende agricole acquisite dagli stranieri, si trova infatti in Toscana, in Sicilia, nel Lazio, in Campania, in Puglia e Basilicata. Aree del Paese, dove, caso strano, sono maggiormente concentrate le vendite all’ asta, alle quali non sono mai state applicate le norme antiriciclaggio”.

“E’ evidente – fa notare – che le storture del credito e l’ assenza di norme antiriciclaggio, in una Europa incompiuta, hanno facilitato questa operazione non proprio leale sul piano della concorrenza. Se si reca in banca, anche in una banca straniera, un imprenditore italiano del centro-sud, che è pur sempre un imprenditore europeo, non gli danno un centesimo neppure con le garanzie patrimoniali o pubbliche, invece, se l’ imprenditore europeo non è italiano, ottiene i finanziamenti con facilità”.

“E’ un po’ strano – spiega De Bonis – che la nostra agricoltura sia l’unico settore in grado di attirare più stranieri. Cosa si nasconde dietro questa controtendenza rispetto all’andamento generale che vede le imprese fuggire dall’ Italia? Secondo le classifiche europee siamo il paese dove è più difficile creare business insieme alla Grecia e uno dei più ostici al mondo”.

Sorprende che gli investimenti esteri in Italia, a fronte dei noti rischi-paese ed una stagnazione della domanda interna, si dirigano proprio verso le aziende agricole italiane, nonostante le previsioni poco rosee della stessa Commissione Ue sui redditi agricoli futuri. Un investimento è una scommessa a lungo termine su un sistema Paese, e questa scommessa la può fare chi ha capitali (il)leciti a disposizione ed ha competenze per valutare delle alternative. Le condizioni di reddito (pessime) dell’ agricoltura non sono mutate, sono identiche, quel che cambia è evidentemente la prospettiva di un territorio che fa gola…anche a capitali di dubbia provenienza!

“Un indagine parlamentare – aggiunge – nazionale ed europea, dovrebbe approfondire se si tratta di investimenti autentici e come mai le banche italiane hanno chiuso i rubinetti (credit-crunch) nel centro-sud, proprio dove c’è più invasione di stranieri, mentre quelle europee hanno utilizzato la leva del credito per conquistare il Belpaese, nonostante i redditi in agricoltura siano negativi. Ed ancora – evidenzia il coordinatore – sono tutti capitali leciti quelli che affluiscono in agricoltura sotto forma di operatori stranieri o siamo di fronte a delle operazioni finalizzate a mascherare altre operazioni? Siamo proprio sicuri che tutti quegli imprenditori non siano dei prestanome?”

Mentre si assiste a questo triste primato che mette fuori gioco i nostri agricoltori, le organizzazioni sindacali domestiche, che non hanno speso una parola su un credito discriminante, si preoccupano di mettere le mani avanti a quel che rimane dei tesoretti dell’ agricoltura italiana. “In questo momento, infatti, – riferisce il rappresentante della Fima – loro sono distratti dalla bancarotta fraudolenta di Federconsorzi. Il disastro finanziario di un colosso dell’ agrocommerciale italiano e il maggiore scandalo fallimentare della storia italiana, dovuto all’inconsulta moltiplicazione di spese correnti, consulenze e munifiche regalie, che ha sottratto all’ agricoltura italiana magazzini, silos, officine e aziende del valore di oltre seimila miliardi di vecchie lire”.

“Oggi, nonostante la Federconsorzi sia stata sciolta, di quel tesoretto sono rimasti circa 400 milioni di euro e un parlamentare del Pd, Sposetti, – aggiunge – ha presentato un emendamento in commissione Bilancio del Senato volto a recuperare queste risorse per dirottarle verso altri soggetti non meglio definiti, che non sono di certo i consorzi agrari”.

“La reazione dei sindacati non si è fatta attendere – fa notare De Bonis – loro vorrebbero un “riferimento condiviso sull’ utilizzazione di queste risorse”: no a progetti di parte, si a progetti comuni”.

Sembra di essere nel gioco degli Anutrof, dove questi personaggi sono Cacciatori incalliti di tesori! La prima cosa che fa un Anutrof quando incontra un altro avventuriero è squadrarlo.

“Sorge un dubbio sull’ emendamento – conclude – non è che siamo di fronte all’ ennesima marchetta a favore di cacciatori di tesori? Con buona pace dell’ agricoltura italiana!”


2 commenti:

  1. Qualche tempo fà,qui si parlò di togliere quell'agevolazione dell 1% alla PIC-come io ebbi previsto,tale è rimasto,chisà perchè-
    L'italia,se non ve lo siete dimenticato è la seconda potenza manufatturiera d'europa,qui c'è da acquistare e speculare,fino a quando avevamo la lira,qui venivano solo romantici , vip e qualche mafioso estero,con l'euro il discorso cambia,prima ci hanno impoverito facendo deprezzare le nostre strutture produttive,poi sono venuti ad acquistarli per un tozzo di pane,non c'è più la lira a far paura tra svalutazioni e fallimenti ,ora c'è l'euro,garantito da un intero continente e sorretto da un sistema finanziario iperpotente-a questo punto quale posto migliore dell'italia per riciclare capitali strani e fare affari?l'euro è la nostra rovina-è la moneta con la quale i capitali stranieri saccheggeranno la nostra penisola ,agricola e non--

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  2. forse il discorso va' posto in questi termini, mentre l'agricoltura italiana va in mano agli stranieri che vedono in essa quello che molti non riusciranno mai nemmeno ad intravedere, i nostri rappresentanti per l'ennesima volta bloccano i soldi dovuti (è certo) alla Federconsorzi per mere beghe ed interessi di parte. Voglio inoltre far presente che se quei soldi li avrebbero resi nel 1991 Federconsorzi non sarebbe fallita ed attualmente l'Italia avrebbe una agricoltura sicuramente piu' moderna e competitiva ma questo non lo ammetterete mai
    franco1964

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