mercoledì 25 settembre 2013

Chi compra, chi vende...chi sale, chi scende.


La cessione delle aziende italiane ad acquirenti esteri è oramai un fenomeno in costante manifestazione. Gli ultimi "colpi" sembrerebbero riguardare Telecom ed Alitalia, ma prima di loro una lista numerosissima di marchi agroalimentari italiani era già passata di mano. A fronte di ciò, il più noto Paese emergente (oramai abbondantemente emerso), la Cina, ha continuato lo shopping di terreni agricoli.



Eccovi una lunga lista sulle aziende Italiane soltanto nel nome:
Gli spagnoli alla conquista delle aziende italiane. Non accade solo nel settore delle telecomunicazioni (Telefònica è salito dal 46 al 65 per cento di Telco che controlla il 22,4% di Telecom) e dei trasporti (si riparla insistentemente di un aumento della presenza francese in Alitalia). Secondo Coldiretti, infatti, “siamo di fronte ad una escalation della presenza spagnola in Italia con il passaggio il mese scorso del 25 per cento di Riso Scotti nelle mani della multinazionale alimentare iberica Ebro Food, dopo che il Gruppo Agroalimen di Barcellona era salito al 75 per cento nella proprietà di Star mentre già nel 2011 la Fiorucci salumi era stata acquisita dalla Campofrio food holding e nel 2008 la Bertolli era finita al gruppo Sos che nel 2006 aveva già rilevato Carapelli e Sasso“. La Coldiretti ha condotto uno studio sulle acquisizioni straniere in Italia.
Spagnoli e francesi – sottolinea la Coldiretti – si sono divisi gran parte dei marchi storici dell’agroalimentare italiano finiti in mani straniere per un fatturato di almeno 10 miliardi di euro dall’inizio della crisi che ha reso più facili le operazioni di acquisizione nel nostro Paese. “Dopo aver fatto man bassa dei marchi più prestigiosi dell’olio di oliva italiano (Bertolli, Carapelli e Sasso), le imprese spagnole – precisa la Coldiretti – hanno alzato il tiro mettendo a segno quest’anno la partecipazione a parte del capitale della riso Scotti di Pavia dopo 153 anni di attività con proprietà esclusivamente italiana. Una operazione che è stata preceduta dall’acquisizione avvenuta per tappe successive della quota maggioritaria del gruppo Star fondata da Regolo Fossati il 19 giugno 1948 a Muggiò e che ha inventato il ragù pronto. La Campofrio Food Holding, leader in Europa nel settore delle carni lavorate, con sede a Madrid, ha invece acquisito nel 2011 il 100% della Fiorucci salumi, fondata nel 1850. Anche la società della pasta Del Verde industrie alimentari spa nel 2009 è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata che fa parte però – precisa la Coldiretti – del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata“.
Non meno incisiva è l’avanzata francese in Italia – sottolinea ancora l’organizzazione degli agricoltori – che riguarda soprattutto due settori simbolo del Made in italy come l’alimentare e la moda. All’inizio di luglio c’è stata la cessione dell’80 per cento dell’azienda Loro Piana al gruppo francese Lvmh (Louis Vuitton) per 2 miliardi di euro dopo che alla fine del mese di giugno la stessa multinazionale del lusso aveva acquisito una partecipazione di maggioranza nel capitale sociale della Confetteria Cova, che gestisce la nota pasticceria milanese.
La Lvmh di Bernard Arnault aveva già in portafoglio Bulgari ed è proprietario di Fendi, Emilio Pucci e Acqua di Parma mentre – continua la Coldiretti – la sua rivale francese Ppr di Francois-Henry Pinault controlla Gucci, Bottega Veneta e Sergio Rossi. Il colpo più grosso nell’alimentare i francesi lo hanno messo a segno nel 2011 con la Lactalis che è stata, invece protagonista dell’operazione che ha portato la Parmalat a finire sotto controllo transalpino, dopo aver già acquisito in passato la Galbani, la Locatelli e l’Invernizzi, mentre il 49 per cento di Eridania Italia operante nello zucchero è stato ceduto alla francese Cristalalco nel 2011.
Nel 2010 il 27 per cento del gruppo lattiero caseario Ferrari Giovanni Industria Casearia, fondata nel 1823 che vende tra l’altro Parmigiano Reggiano e Grana Padano è stato acquisito dalla francese Bongrain Europe e la Boschetti Alimentare, che produce confetture dal 1981, è diventata di proprietà della francese Financière Lubersac che ne detiene il 95 per cento, mentre la Orzo Bimbo è stata acquisita nel 2008 dalla francese Nutrition&Santè del gruppo Novartis e le Fattorie Scaldasole sono finite dopo un passaggio alla Heinz alla francese Andros nel 2006.
In generale negli ultimi anni sono passati in mani straniere marchi storici dell’agroalimentare italiano dagli spumanti Gancia acquisiti al 70 per cento dall’oligarca russo Rustam Tariko (2011), fino al leader italiano dei pomodori pelati Pelati Antonino Russo con la nascita di una nuova società denominata “Princes Industrie Alimentari SrL” controllata al 51 per cento dalla Princes della giapponese Mitsubishi (2012). Nel 2013 – ricorda ancora la Coldiretti – per la prima volta la produzione di vino Chianti nel cuore della Docg del Gallo Nero è divenuta di proprietà di un imprenditore cinese. “I grandi gruppi multinazionali investono nell’agroalimentare e nella moda nazionale perché vedono una prospettiva di futuro in questi settori trainanti del Made in Italy che spesso non viene riconosciuta in Italia dove troppo spesso – conclude la Coldiretti – si preferisce guardare al contingente e non al modello di sviluppo sul quale puntare per far crescere il Paese”.
Aggiungo anche Buitoni, che è Svizzera, Santarosa è Inglese, Algida è Inglese/Olandese, San Pellegrino è Francese.
Come abbiamo letto, nel primo articolo, ci comprano anche gli spagnoli, a dimostrazione, che quello che sta avvenendo dipende non tanto dalla Crisi Mondiale (che certamente si manifesta in sottofondo), quanto da una peculiare e strutturale Crisi Italiana.
Non contento dei risultati raggiunti, il Governo Italiano lancia "Destinazione Italia", cioè una serie di misure atte ad attrarre capitali stranieri in Italia.
Il Presidente Letta, a Wall Street per piazzare gli ultimi beni italici, dichiara spavaldo,  "Il nostro Paese non ha paura della globalizzazione"...è quindi chiaro che siamo governati da un irresponsabile, che avendo sempre vissuto al riparo di comode prebende pubbliche, sconosce la spietatezza dei mercati globali. 

Nel frattempo, la Cina, dalla quale dovremmo andare a lezione di economia, piuttosto che dai ciarlatani nostrani, continua con precipua determinazione a mettere in atto il suo obiettivo strategico: l'autosufficienza alimentare (e non solo quella).

Kiev (AsiaNews/Agenzie) - Con un poderoso investimento da oltre 2,6 miliardi di dollari, il governo cinese acquisirà 3 milioni di ettari di campi agricoli in Ucraina nei prossimi 50 anni. L'iniziativa, che rientra nel China's food security programme, vuole incoraggiare le maggiori compagnie agricole cinesi a coltivare all'estero, per creare posti lavoro e soddisfare una crescente domanda interna di granoturco. "Con l'accelerazione del processo di urbanizzazione è aumentata la richiesta interna al Paese - spiega Ding Li, ricercatore presso l'Anbound Consulting di Pechino - la Cina si è così trovata costretta comprare grano dalle compagnie straniere". E aggiunge: "Con l'acquisto di questi 3 milioni di ettari sono state più che raddoppiate le coltivazioni cinesi all'estero".
L'accordo, siglato nel giugno scorso tra la Xinjiang Production and Construction Corps (Xpcc) e la Ksg Agro - prima compagnia agricola ucraina - si concretizzerà, in una prima fase, con il passaggio di 100mila ettari allo Stato cinese nella regione orientale del Dnipropetrovsk. L'Xpcc - anche conosciuto come Bingtuan - è un'organizzazione paramilitare cinese nata nel 1950 con lo scopo di reclamare i terreni agricoli e consolidarne la difesa di fronte alle pressioni dell'Unione Sovietica. A quel tempo il 'granaio' russo era proprio l'Ucraina, oggi tra i primi 10 Paesi al mondo nel settore.
Sebbene negli ultimi 10 anni il settore agricolo cinese abbia registrato una significativa crescita, nel 2011 le importazioni di cereali hanno subito un aumento del 150%. Tali cifre vanno contro la volontà manifestata da Pechino di essere autosufficiente al 90% nella produzione di cibo ed è per questo motivo che, negli ultimi anni, il governo ha tentato di incoraggiare una crescente mole d'investimenti all'estero da parte delle compagnie agricole cinesi.
Il Beidahuang Group - primo gruppo d'investimenti nel settore - ha già acquistato 234mila ettari di terreni argentini per la coltivazione di soia e granoturco; mentre il Chongqing Grain Group, promuovendo un progetto analogo, ha acquisito proprietà per 375 milioni di dollari e 1,2 miliardi di dollari in Brasile e Argentina.
Lo scorso mese, il giornale ucraino Kyiv Post ha definito "senza precedenti nella storia dell'Ucraina" l'investimento effettuato dalla Repubblica popolare e reso possibile grazie a un prestito da 3 miliardi di dollari erogato dalla Export-Import Bank of China.
Fonte 

Da una parte chi è ansioso di vendere (cioé l'Italia), dall'altra chi compra per rendersi autonomo...secondo voi chi avrà ragione?


 

Nessun commento:

Posta un commento