lunedì 11 febbraio 2013

Qualcuno...non ci sta!

Sulla vicenda del seme certificato si è parlato e sparlato a lungo, ma nel complesso aver vincolato, all'improvviso, l'art.68 al seme certificato, per noi duricoltori, allo stato dei fatti, suona un po' come una truffa; oltre al danno economico poi, si aggiunge una beffa.




L'art. 68 (una misura della PAC), infatti,  nasce come un sostegno puramente ambientale per gli avvicendamenti colturali con leguminose, ma in Italia, esclusivamente per il comparto del duro non lo è più, dall'ultima semina.
Il tutto sarebbe giustificato da uno studio commissionato da Assosementi, alla società parauniversità piacentina HORTA, la quale avrebbe riscontrato che seminare il certificato industriale  farebbe diminuire le emissioni di CO2!!!
Ma ci si può credere? Alcuni agricoltori, come noi, sono quantomeno scettici. A nostro giudizio, come di qualsiasi persona di buon senso, la semente aziendale autoprodotta a km 0 dovrebbe risultare ragionevolmente meno inquinante in termini di emissioni di CO2, rispetto alla semente industriale che può provenire chissà da dove.
Ed inoltre perché per il grano tenero, che rientra anch'esso nel sostegno ambientale art.68, non è prescritto alcun obbligo di utilizzo della semente certificata?
Lo studio Horta, dopo averlo cercato in lungo e in largo per il web, peraltro, appare fantomatico; unica traccia su un Informatore Agrario n. 22 del 2011 (vedi articolo a lato).
Questa vicenda ci colpisce abbondantemente sul piano economico, l'art. 68, vale infatti il 30% della media PAC per i seminativi; così siamo costretti a lasciarne il 50%, nelle tasche dell'agro-industria, per un  beneficio del tutto discutibile, e che in ogni caso non ci può essere imposto, visto che lede la nostra libertà di impresa, senza peraltro fornici alcuna giustificazione plausibile.
Noi agricoltori siamo generalmente dei fessi, ma c'è un limite a tutto!
Da qui il titolo: "QUALCUNO NON CI STA". Spediremo una richiesta scritta (che troverete di seguito) prima a HORTA successivamente al MIPAAF per chiedere di visionare questo famoso studio. 
Il blog invita, tutti coloro che fossero interessati all'iniziativa, a scrivere alla mail di Mimmo:
mimmogranoduro@gmail.com, che la coordinerà operativamente.

PIU' SIAMO PIU' RUMORE FACCIAMO, IN NOME DELLA VERITA'.


Spett.le Horta s.r.l.
via Egidio Gorra 55
29122 - Piacenza

Il sottoscritto----------------------residente in----------comune di--------, in qualità di titolare di azienda agricola, chiede alla società Horta s.r.l., di visionare integralmente lo studio da lei prodotto, tramite il quale il ministero delle politiche agricole e forestali con  DM m. 8139 del 10/08/2011, ha giustificato la reintrododuzione dell’obbligo di utilizzare seme certificato nella coltura del grano duro, per aderire al sostegno dell’art.68. 
Allo stato attuale, di tale studio non vi è traccia né cartacea (salvo un breve cenno su I.A. n.22 del 2011) né sul web, pertanto, come contribuente italiano ed agricoltore, potenzialmente leso, chiedo che sia reso pubblico integralmente il suddetto studio eseguito da Horta e me ne venga inviata copia.
Passati 60gg., dal ricevimento della suddetta richiesta, qualora non dovessi avere un riscontro collaborativo, invierò un esposto-denuncia scritto e controfirmato presso l’Autorità giudiziaria competente.
Sicuro di un vostro interessamento esaustivo, sentitamente ringrazio.


Gli sviluppi della vicenda li potrete seguire sul canale twitter del blog, oppure direttamente al twitter di Mimmo: @domenicodefran1

Aggiornamento del 12 Febbraio 2013: Mimmo fa sul serio, cari miei!




17 commenti:

  1. Se vogliamo si calcolano le emissioni di CO2 in maniera assurda come nell'affare del divieto di bruciare le potature: dicono che si riducono le emissioni di CO2. Senza considerare che deve partire un mezzo da chissà dove, venire a prelevare i residui, poi trasportali al punto di smaltimento.

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    1. ma nel caso del seme industriale è davvero complicato ritenere che inquini meno di quello aziendale...
      e poi in questo caso non ce lo chiede l'Europa (che anzi è contraria, una prima volta già bocciò questa ipotesi), ma siamo noi che abbiamo prodotto lo studio e ci facciamo del male da soli.

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  2. Innanzitutto ringrazio granoduro che ha sposato l iniziativa e lo ha pubblicato-

    Ebbene precisare che questa iniziativa,è solo il primo passo di un progetto piu complesso-

    Il primo passo è spedire questa richiesta sia a HORTA che al MIPAAF,in modo tale da ottenere la visione di questo documento-

    Il secondo passo è quello di spedire una lettera aperta al presidente CIOLOS,commissario europeo all agricoltura,sperando in un suo intervento-

    Terzo passo,consiste,in caso di non reperibilità del sovraindicato documento,portare presso le autorità competenti(magistratura) un fascicolo ben dettagliato sull art 68 e di come in italia sia stato distorto a favore di una lobby(sementieri),con l intento di far aprire un indagine giudiziaria,poichè la distorsione dell art 68 pare essere supportata,almeno allo stato attuale, da uno studio truffaldino-
    a questa richiesta si accompagnerà anche la richiesta di un risarcimento danni pari a 50E ad ettaro seminato a duro-allo stato dei fatti a tanto ammonterebbe il maggior esborso economico per la semina-

    E inutile che vi dica che piu siamo meglio è-

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  3. Ottima iniziativa.
    Io però non nutrirei molta speranza che HORTA possa diffondere il documento: essendo stato commissionato da ASSOSEMENTI, e a maggior ragione essendo HORTA uno Spinoff (quindi non è un ente pubblico), sicuramente non avranno la possibilità di diffonderlo (neanche se volessero... e non sarà neanche questo il caso, comunque, secondo me).
    Quindi, se ci tenete proprio, scrivete pure a HORTA ma aspettatevi pure una risposta tipo "non siamo autorizzati ecc ecc".... e vi faranno solo perdere tempo.
    Piuttosto, io mi rivolgerei direttamente ad ASSOSEMENTI o al ministero....

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    1. probabile però è Horta che ha realizzato lo studio.
      Sono loro che asseriscono che il seme industriale è poco inquinante rispetto a quello aziendale.
      E' giusto che rispondano in prima persona delle loro azioni...poi potranno anche negarci l'accesso ad informazioni che non si capisce perché debbano rimanete segrete.
      Se risponderanno che Assosementi non autorizza, allora preso atto di ciò, potremo inoltrare la richiesta ad Assosementi.

      Horta s.r.l. ha messo su una piattaforma informatica a pagamento per noi produttori di grano duro. Vediamo che credibilità potrà avere una società che, eventualmente, neghi il trasparente scambio di informazioni, tra soggetti, all'interno della filiera.

      http://www.horta-srl.com/nqcontent.cfm?a_id=9798&tt=horta_www

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    2. SI, ho viso della loro piattaforma grandouro.net, e mi interesserebbe anche sentire il parere di qualche loro "cliente"... ma questo è un altro discorso.

      La cosa che intendevo dire è che il loro studio (essendo commissionato da un privato) è abbastanza normale che non possa essere reso pubblico, soprattutto se non c'è il consenso del committente.

      Piuttosto, era il ministero che avrebbe dovuto rendere pubblici TUTTI i documenti che poi hanno portato alla decisione di legare l'art.68 all'uso di semente certificata.

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    3. non c'è fretta sarà come sfogliare una margherita

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    4. orzo,scrivero anche ad assosementi-carta e penna non mancano-sia ben chiaro,io le richieste le formalizzero a tutti e 3,horta,ministero e assosementi tramite A/R-anche perche io con questo strummento non ci prendo molto-e come si dice in gerco,carta scritta pica canta-

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  4. agricoltore abruzzese secondo me bisogerebbe inviare qualche lettera anche alle nostre associazioni di categoria informantoli del caso e delle nostre iniziative, pregandoli di svegiarsi nella difesa degli interessi degli agricoltori e non di fare solo i loro interessi, io sono a favore della proposta quindi mi sentiro con mimmo per firmare il documento-lettera e mi auguro che anche voi tutti fate la stessa cosa

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    1. Permettemi una riflessione sopra le righe, leggo tante cose tra i diversi commenti che non mi fanno essere d'accordo su questo vostro accanimento e spero che democraticamente accettiate il mio contributo di tecnico che da diversi anni opera in cerealicoltura. Non riesco e non sono mai stato d'accordo sull'uso del seme non certificato, nella mia professione seguo ed ho seguito numerose aziende di grandi estensioni e ho sempre utilizzato seme certificato, perchè per mia abitudine ritengo necessario sapere l’origine del seme e pretendo l’uso di sementi conciate, che devono per forza di cose essere certificate. Partendo da questo presupposto adesso vorrei riflettere con voi tutti su questo strano accanimento verso il seme certificato:
      a) il seme certificato costa in media 3 euro in più rispetto al non certificato ma perchè? Perchè un seme certificato segue un Iter che il seme autopodotto non segue, è controllato dall'INRAN(ex ENSE), è esente da carie e carbone(cosa che facilmente può ritrovarsi in seme autoprodotto), è garanzia di omogeneità, il che significa garanzia di fornire un seme uniforme per i mulini. Sottolineo un aspetto, lavoro in un'area la Capitanata(area Foggia), in cui sono diffusissimi i contratti di filiera e questi presuppongono l'uso di seme certificato per garantire la tracciabilità del prodotto.
      b)Il seme certificato è garanzia di un altro aspetto che forse sottovalutate tutti.....è garanzia di innovazione e sapete perchè? Perchè ciò che Voi considerate un furto ossia le royalties pagate al costitutore(perché è questo che fondamentalmente vedete nel seme certificato), servono in principal modo a garantire la ricerca e la costituzione di nuove varietà. A Foggia il CRA si sostiene con le royalties che ricava dalla diffusione delle varietà da esso prodotte, a chi non lo sapesse vorrei ricordare che il Senatore Cappelli è nato a Foggia, numerose varietà che tutti, dico tutti, avete usato sono nate al CRA di Foggia con la ricerca che è stata finanziata da quelle "malefiche" royalties che voi tacciate di furto, monopolio e quanto di peggio ci possa essere.
      Non cadete nell’errore di pensare che il male principale della cerealicoltura sia dato da un eccessivo costo del seme certificato, imparate a comprendere che oggi viene chiesto agli agricoltori e a noi tecnici un uso razionale delle risorse necessarie a produrre, e quando parliamo di uso razionale abbiamo un primo obbligo “USARE SEME CERTIFICATO E CONCIATO”.
      Non sono qui a difendere Horta, ma a spingervi a non cadere nell’errore grossolano che usando il seme autoprodotto otteniate un incremento delle vostre rese o una riduzione significativa delle spese di produzione, la riduzione dei costi si ottiene solo con un uso razionale dei mezzi di produzione. Sperando di non essere stato sgarbato (se lo sono stato mi scuso in anticipo perché non era questo che intendevo fare), mi auguro di sentire nei prossimi commenti motivazioni(se ci sono) più fattive sul perché io da agronomo e libero professionista dovrei spingere le aziende che seguo ad usare seme autoprodotto.

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    2. Il seme certificato non è detto che sia conciato.
      Il seme aziendale può tranquillamente essere conciato.
      Quindi l'aspetto relativo alla concia lo terrei fuori da qualsiasi discorso inerente il certificato.

      1) il seme non certificato non è commerciabile legalmente. Non si capisce quindi da dove trai tali dati.

      2) Questo blog da quello che ho letto auspica un sistema francese per la semente certificata. Ed in Francia le Roialty si pagano. Lì però non ci sono sementieri e filiera che ci mangiano su, se sei informato.

      L'iniziativa del blog riguarda un aspetto specifico. Ovvero è giusto che gli agricoltori siano costretti ad acquistare il seme industriale, perché ciò fa diminuire le emissioni di CO2?
      Tu sei un tecnico, di senti di affermare che il seme aziendale sia più inquinante di quello industriale? Io no.

      Un tecnico...con un pò di buon senso

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    3. Wow...scontro al vertice tra tecnici.

      Confermo il blog è per il sistema alla francese. Un sistema civile e rispettoso della libertà degli agricoltori ed allo stesso tempo capace di garantire il sostegno alla ricerca, ma senza gli sprechi e gli eccessi nostrani.
      Ed i loro risultati produttivi e qualitativi mi pare lo dimostrino.

      Gradirei che non si faccia più riferimento a pratiche illegali e/o abusive, come quelle che riguardano la compravendita del seme non cartellinato. Pratiche assolutamente da condannare e che il blog respinge. Noi siamo per la libertà di usare la nostra semente aziendale.

      Si, mi piacerebbe che la discussione rimanesse focalizzata sul tema principale, che riguarda le emissioni di CO2 in relazione all'uso del certificato. Mi piacerebbe sentire un tecnico che sia in grado di decodificare lo studio di Horta. Noi agricoltori con i nostri strumenti del mestiere non riusciamo proprio a comprendere perchè il seme industriale certificato determini una minore emissione di CO2. Come il condannato al patibolo ci spetta l'ultimo desiderio, vogliamo capire come ciò sia possibile...

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    4. Pur condividendo alcune (poche) delle osservazioni del tecnico-anonimo delle 20:35, sottoscrivo in pieno il discorso dell'anonimo-tecnico di buon senso delle 20:50: limitiamo il discorso all'anidride carbonica, che poi è il motivo per cui hanno messo il vincolo con l'art. 68. Lasciamo stare il resto.
      Cerchiamo di capire da dove salta fuori questo risparmio del 10,5% nelle emissioni di C02 con l'uso del seme certificato: magari scopriamo qualcosa di molto interessante, o magari scopriamo solo che c'è qualcuno che sta facendo un po' il furbo...

      orzo

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    5. X il tecnico delle 20.35,la pregherei di non saltare di ramo in frasca come si dice in gergo-
      qui l argomento è:;
      -seminare seme certificato,nella specie grano duro ,fà abbassare i livelli di co2 rispetto alla semina di seme aziendale?

      attendo una sua risposta come tecnico-poi magari in un altro posto parleremo dei poteri miracolistici del seme certificato,ma in un altro posto però-

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  5. agricoltore abbruzzese i contratti di filiera è ed e stato un modo per ottenere un grano di qualita superiore ed un modo per vendere il cartellinato, che fin ora non era obligatorio, infatti se si risemina grano autoprodotto di qualita superiore dara un raccolto con le stesse caratteristiche di quello cartellinato,e per quando riguarda la costituzione di nuove varieta, volevo ricordare che i guadagni degli agricoltori non sono cambiati in suguito al aumento della quantita per ettaro e della qualita

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  6. "Il tutto sarebbe giustificato da uno studio commissionato da Assosementi, alla società parauniversità piacentina HORTA, la quale avrebbe riscontrato che seminare il certificato industriale farebbe diminuire le emissioni di CO2!!!"

    non so se ridere o piangere, praticamente assosementi ha finanziato il progetto per farsi dire quello che voleva; come diceva un certo tizio: ma mi faccia il piacere!

    per anonimo il tecnico, chi ti parla è come te un agronomo ma soprattutto agricoltore, sono daccordissimo con te sul fatto che l'acquisto di seme certificato incentiva gli addetti ai lavori a migliorare di volta in volta resa e qualità della granella, però rendendo obbligatorio l'uso del seme certificato è un eludere la legge del mercato in quanto la domanda (agricoltori che devono acquistare la semente) risulterà costante a prescindere dall'offerta (prezzo seme certificato) quindi quello che ci rimette è e sarà sempre l'agricoltore che abbia o meno un contratto di filiera;

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  7. Che bello questo blog.....agricoltori contro sementieri a viso quasi aperto.
    Io dico solo: Sistema francese. Denuncia a Assosementi.Richiesta danni.Basta farci prendere per il .....!

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