martedì 13 agosto 2013

Materia Prima e Prodotto Agroindustriale: come non importare la globalizzazione !

"Grano Italiano per un prodotto agroindustriale Italiano"... che sciocchezza dicono taluni agroindustriali nostrani! Quel che conta è il procedimento tecnologico.
La materia prima, giunga pure dai più reconditi angoli del Pianeta (anzi meglio), penseranno le sapiente mani tecnologiche a trasformarla in ottimo Made in Italy. 
Sarà...ma vediamo un pò, grazie ad un corrispondente straniero del blog, cosa succede nella realtà nazionale francese, nella quale l'agricoltura ha un peso politico e sociale significativo, non limitato (come in Italia) alle trasmissione televisive di propaganda o alle facezie via-facebook.


Questo post rappresenta l'ideale continuazione del precedente "Pasta Italiana, con granella rigorosamente ed orgogliosamente importata...blitz della Forestale!" e dei commenti interessanti dei lettori che da esso erano scaturiti.
Per meglio inquadrare la problematica già sollevata precedentemente (in un ottica più allargata), grazie al nostro corrispondente francese Philippe vi mostrerò alcune immagini significative su prodotti agroindustriali di massa (i grandi numeri la fanno i prodotti commerciali, come sappiamo) comunemente consumati in Francia derivati da cereali (non si tratta dunque di produzioni locali da riserva indiana). 
Nel primo caso, vi presento un prodotto, i cereali Lion, della Nestle, (multinazionale con sede in Svizzera). 
Ebbene nella confezione, oltre che nella facciata principale in basso a destra (si vede male, ma troverete il logo che ho inserito nella intestazione del blog), e più estesamente nella facciata laterale della scatola (vedi sotto) è chiaramente indicato che tutta la materia prima (ovvero il grano, il blè in francese) utilizzata per la produzione dei Lion è di origine francese. 
Inoltre la Nestle ci tiene ad informare la clientela che le fabbriche che hanno realizzato la trasformazione industriale (per chiarire che non si tratta di produzioni  delocalizzaze) si trovano sul territorio Francese. 
Avete mai osservato nulla del genere su un prodotto commerciale di una multinazionale straniera in Italia? Se si, a me è sfuggito. 
Per inciso tutti i prodotti Nestle a base di cereali in Francia, presentano il logo riportato nella intestazione del post.



Secondo caso, ancora più eclatante, a mio avviso. Sempre in Francia nella categoria dei  prodotti da Forno industriali, un marchio è molto diffuso ed apprezzato, si chiama Harris. Sforna prodotti a base di cereali generalmente di stile americaneggiante (molto apprezzati in Francia, più che da noi, contrariamente a quanto si possa pensare). Eccone un esempio:


Ebbene come noterete dalla immagine a lato, è chiaramente riportata la dicitura: blè exclusivament cultivè in France. Ma in questo caso abbiamo un ulteriore colpo di scena, la Harris in realtà è il marchio francese di una celebre multinazionale... italiana(?)...si, la Barilla.
Non ci si crede quasi, ma mentre qui in Italia, la Barilla ci propina i suoi prodotti da forno industriali sotto il marchio Mulino Bianco (tutto naturale e tradizionale come da spot, salvo che le materie prime sono importate un pò da tutto il Globo e la trasformazione non è chiaro se sia ancora interamente realizzata in Italia per tutti i prodotti), in Francia la stessa Barilla, è diventata leader del pane industriale e dei prodotti da colazione sotto le mentite spoglie di un marchio (vedi qui) americaneggiante, ma che tuttavia utilizza materia prima e impianti industriali francesi ed orgogliosamente lo rivendica!!!

Insomma mentre in Italia agli agricoltori, ma soprattutto ai consumatori si propinano favole (ma con il viso ammiccante delle Star di Holliwood), all'estero gli stessi soggetti propinatori costretti da realtà politiche economiche e sociali di un altra "pasta" sono costretti a mettere da parte la propaganda per concentrarsi sulla sostanza. Ovvero produzioni agroindustriali nazionali sia per la materia prima che per il processo di trasformazione. Evidentemente all'estero  non ci si accontenta del Know-how, ma di qualcosa di più concreto. 
Acquistare prodotto integralmente nazionale è un atto politico, comunemente praticato dal consumatore medio, oramai in molti Stati Europei, e non tanto per una questione di gusto e sicurezza alimentare, quanto come vero e proprio atto di opportunità, se non addirittura per la consapevolezza della difficile sopravvivenza, nel medio periodo, delle economie produttive nazionali dei Paesi Occidentali cosiddetti avanzati.
Se e quando lo capiremo in Italia...sarà troppo tardi...

P.S.: Si, ma in Italia non riusciamo a soddisfare il fabbisogno nazionale, e per questo siamo costretti ad importare materia prima...forse... ma finché continuerò ad assistere all'abbandono o alla sottoutilizzazione di ottimi terreni agricoli, almeno qui giù in Sicilia, consentitemi di non crederci. 
Io credo semplicemente che non si metta, per calcolo politico più o meno doloso, l'agricoltura italiana (o almeno di parte del Sud-Italia) nelle condizioni di estrinsecare le sue potenzialità, mantenendola nel limbo della sussistenza economica e/o delle produzioni di nicchia.

15 commenti:

  1. Ogni popolo ha quello che si merita..., viva la Francia!

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  2. Caro Granduro, ma quelli sono francesi,sono un popolo,noi chi siamo? una accozzaglia di gente individualisti,approfittatori.Siamo governati da gentaglia che ci governa tramite la tv e giornali piena di disinformazione .Una parte del governo e contro gli evasori,ma e pronta ad assolvere uno che e colpevole condannato di evasione,ma un ministro dice che c'e' l'evasione per necessita'tutti gli altri pronti a zittirlo sembra una comica.tengono in piedi leggi che favoriscono le multinazionali che sono le piu responzabili della crisi.Costruisci tutto in cina li impacchi in italia e sono Made in italy,in europa contiamo meno dei maltesi.Per due lire andiamo a raccogliere "Disperati" col satellitare nelle acque libiche naturalmente in difficolta appena vedono gli italiani.IL politicamente corretto impazza ,abbiamo un ministro che si e definito congolese che vuole che vuole trasformare il paese in una sala parto,per poi mettere ai nati made in italy.La tv pompa notizie non vere per giorni per favorire leggi che nessuno vuole.Noi italiani non facciamo una piega se ci mandano in pensione 5 anni dopo,se i nostri giovani sono trattati come schiavi se la sera non si puo piu uscire ma pero' la domenica pomeriggio riempiamo gli ipermercati solo per lo struscio ma il nostro spread cala.Il debito e' ai massimi lo spred cala chissa' come' sta cosa.

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    1. Si, condivido alcuni tuoi ragionamenti...il potere delle multinazionali, però, può essere limitato in presenza di uno Stato forte con un indirizzo politico chiaro (vedi Francia o altri Stati Nord-Europei), quindi personalmente credo che il responsabile principale della nostra Crisi sia unicamente lo Stato Italiano (in connubio con noi elettori) che da almeno 30 anni agisce in maniera confusa e controproducente.

      Lo spread rappresenta un differenziale di quotazione dei nostri titoli di Stato, come sappiamo. In qualsiasi trend finanziario di lungo periodo vi sono delle fasi di ritracciamento che consentono agli speculatori di riposizionarsi a spese del cosiddetto parco buoi (l'investitore medio).

      Il debito pubblico è aumentato molto negli ultimi anni, l'economia italiana è in recessione. Tutto fa supporre (mi perdoni Letta) che alla prossima crisi finanziaria globale ( o anche solo Europea), riesploderà il problema dei titoli di Stato e si riallargherà lo spread.
      In ogni caso questo calo attuale dello spread lo stiamo pagando noi contribuenti, e senza ricavarne alcun beneficio reale.

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  3. Tempo fa, vidi su Rai tre una puntata della trasmissione "Presa diretta" che era tutta incentrata sul grano duro , con servizi sulle enormi incongruenze che ruotano intorno allo stesso. Dalle enormi distese di aziende non più coltivate della Sicilia, al prezzo gestito da alcuni stoccatori, alle importazioni dalle dubbie caratteristiche fitosanitarie con scarico a Bari per conto di produttori di pasta Made in Italy, allo stoccaggio presso alcuni porti italiani di grano prodotto in Italia e pagato a prezzi ridicoli rispetto al mercato oltre confine in attesa di essere rivenduto all'estero con guadagni a due cifre. Vi era anche l'intervista al presidente dell'Italmopa che difendeva a spada tratta la non introduzione della tracciabilita' motivandola con fantasiose argomentazioni. Credo che anche in Italia ci vorrebbe uno scatto di orgoglio in difesa delle produzioni locali tanto più oggi che gran parte dei prodotti di consumo non alimentare vengono rigorosamente importati.

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  4. La trasmissione in oggetto e' al seguente link: http://www.presadiretta.rai.it/dl/portali/site/puntata/ContentItem-157667b5-2727-468c-be0f-05c22e7fb0a2.html

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    1. lo rivedrò, appena posso, grazie per la segnalazione...tuttavia alcune trasmissioni cosiddette di inchieste si sono rilevate spesso esagerate e tendenziose per l'altro verso, per cui alla fine hanno sollevato polveroni a fini televisivi, innalzando il tasso di confusione, ma senza fornire alcun elemento concreto che non fosse sterile propaganda e determinando infine risultati controproducenti (vedi vicenda Casillo (poi prosciolto) e grano Canadese infetto, poi risultato contaminato all'interno dei laboratori di analisi).

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  5. E' noto che i francesi sono sciovinisti, gli italiani per niente. Quindi tutto normale.

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    1. bé, pero i nostri agro-industriali, qui in Italia, tappezzano i pacchi dei loro prodotti di vessilli tricolori, quindi si vede che i consumatori italiani non sono così refrattari all'argomento nazionale.
      Nel mercato globale, il prodotto globale si produca pure come e dove si vuole, dicono i globalisti. Incomprensibile risulta però la pretesa dei DiVella e company di trasformare materia prima indistinta ed estera, in prodotto made in Italy, con peculiarità da prodotto locale e tipico (abbinare trulli e grano Australiano non è forse una gigantesca mistificazione, atta ad attirare lo sprovveduto consumatore di pasta, rimbambito da slogan ammiccanti?).
      In Italia esistono industriali che producono con materia prima nazionale...lo Stato, nel suo interesse e nel nostro di produttori e consumatori, dovrebbe tutelare e difendere queste produzioni, distinguendole chiaramente come in Francia dalle produzioni esterofile (poi ognuno faccia la sua scelta consapevole all'acquisto).

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  6. "Io credo semplicemente che non si metta, per calcolo politico più o meno doloso, l'agricoltura italiana (o almeno di parte del Sud-Italia) nelle condizioni di estrinsecare le sue potenzialità, mantenendola nel limbo della sussistenza economica e/o delle produzioni di nicchia"

    Per tanto bene che si possa pensare della dirigenza politica italiana,non riesco a credere che sia in grado di elaborare un qualsivoglia calcolo di politica economica efficace per il paese.
    Se questo mi solleva in parte il dubbio di essere governato da una maggioranza di traditori consapevoli ,mi da la quasi certezza di essere governato da degli incompetenti esecutori più o meno consapevoli di calcoli altrui..che soddisfano la loro vocazione dirigenziale ( politica ed economica) con i benefici materiali che ricavano e pensano di ricavare per se e le loro future 20 generazioni. a cui volontariamente... non rinunceranno mai...

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  7. si, hai probabilmente ragione Granturco, non ne sarebbero capaci.

    Però una linea politica comune e coerente che l'Italia ha avuto sin dalla Unificazione (con l'appoggio pieno e consapevole dei nostri politici del Sud), è stata quella, a torto o a ragione, di puntare sulla economia industriale del Nord Italia.

    In più, la PAC attuale, a mio avviso, è stato uno strumento efficace di conservazione di privilegi acquisiti, il cui effetto principale è stato quello di bloccare e limitare il dinamismo imprenditoriale agricolo, almeno dalle mie parti.

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  8. Avrei preferito aver sicuramente torto.
    È da un po' che il nord si sta deindustrializzando. C'è ben poco lavoro vero da far fare L'innovazione tecnologica ha portato si benessere ,ma mal distribuito e ha ridotto l'occupazione. Con la globalizzazione si è avuta sempre più crescente delocalizzazione delle attività produttive a cui inizialmente si è risposto aumentando gli impieghi nel terziario e servizi ,con conseguente aumento del carico burocratico ,successivamente con ammortizzatori sociali e incremento della pressione fiscale alle sempre meno attività produttive rimaste,che ora cadono come mosche. Chi riesce a chiudere prima di fallire lo fa con soddisfazione, talmente ne ha abbastanza di lavorare in perdita, con niente che vada mai bene ai burocrati.
    Ma da noi al nord la terra coltivabile è abbastanza coltivata intensamente direi,a parte quella persa per sempre,o inglobata da urbanizzazione e viabilità di origine più speculativa ,che derivante da vere esigenze.Per cui ora la terra non è piu utilizzabile ma rimangono le grandi cattedrali nel deserto :quelle abbandonate e quelle mai utilizzate entrambe in decadimento progressivo .O le utilizzerà qualche futuro colonizzatore o verranno riassorbite dai boschi.

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  9. Ciao raggazzi,
    volevo chiedere una cosa.Qui da noi in Grecia, il seme certificato lo compriamo dagli agronomi locali da i quali compriamo pure i diserbanti ecc.In Italia com' e' la rete di distribuzione del seme?L' agricoltore lo compra dalla ditta sementrice o' ci sono aziende piu' piccole che lo vendono?
    Da premettere che in Grecia il 100% del seme certificato (R1) viene importato dal estero.

    Saluti

    Costantino

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    1. Per la mia esperienza in Sicilia, il seme cartellinato può essere
      acquistato direttamente dalle ditte sementiere costitutrici (per le
      varietà siciliane), dalle ditte sementiere moltiplicatrici molte
      varietà (ci sono molti moltiplicatori-insaccatori sparsi sul territorio), come da
      distributori generici di prodotti agricoli che le commerciano.
      Tuttavia non tutte le varietà Italiane sono disponibili giù da noi in Sicilia.

      Se in Grecia non ci sono ditte moltiplicatrici locali in grado di
      produrre R1, temo che il prezzo della semente cartellinata sia molto
      elevato da voi, visto che ogni sacco di R1 deve giungere dall'estero.
      Mi sembra incredibile che accettiate una situazione del genere.

      Ciao

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  10. A proposito della Francia, leggetevi questo:

    http://www.lastampa.it/2013/09/20/esteri/una-vita-made-in-france-la-strana-sfida-del-patriota-benjamin-gBxw3w3C6B8dYHdUzNyJdP/pagina.html

    Ve lo immaginate uno così in Italia?
    Orzo

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  11. già, questa che a noi sembra una strana sfida, in realtà si fonda sul comune sentire francese. Mi diceva il nostro corrispondente francese ad esempio, che da loro brindare con lo spumante italiano, piuttosto che lo champagne, è come un tradimento della Patria, ma sul serio.
    Oppure tutte le grandi catene straniere di fastfood utilizzano soltanto materie prime francesi.
    Come esiste il pesce certificato francese, pescato soltanto da marinerie francesi.

    Francamente mi sembrano un pò eccessivi.
    Ci dovremmo mandare Divella a fare un corso di rieducazione...



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