Ringrazio Mimmo, durogranicoltore abruzzese, uno degli animatori più assidui di questo blog, che con molto impegno e dedizione, mi ha inoltrato un ottimo post sulla produzione di grano duro proteico in Italia. Non so se per l'ambiente siciliano potrà mai rivelarsi una opzione agronomicamente ed economicamente valida, ma certamente nel contesto peninsulare è oggi una delle più promettenti opportunità per far si che il nostro grano duro possa competere ad armi pari con il prodotto estero.
Le proteine della cariosside determinano la qualità merceologica e tecnologica del grano duro. Il loro contenuto nella pasta (il principale prodotto trasformato del grano duro), per legge, non può essere inferiore al 10,5 %. Le proteine (ed in particolare il glutine) assicurano la consistenza e la minore fuoriuscita di amido durante la fase di cottura della pasta, mantenendo più a lungo la stessa cottura ed eliminando “l’effetto-colla” nel piatto, oltre ad essere importanti sotto il profilo nutrizionale.
Questi aspetti peculiari rendono la pasta italiana ricercata ed apprezzata nel mondo, tenendo anche conto della sua centralità all’interno della famosa dieta mediterranea.
Storicamente le nostre produzioni di grano duro, principalmente sbilanciate a Sud, non hanno mai brillato per un contenuto proteico molto elevato delle granelle (per varie ragioni), così i nostri pastai allorquando si andò affermando l’odierno modello di pasta industriale (circa una trentina di anni fa) preferirono rivolgere il proprio sguardo (ed il loro interesse) verso le produzioni americane (Usa e Canada). I grani americani, infatti, presentano elevati contenuti proteici. Il ciclo primaverile-estivo, che loro praticano, con raccolta a fine estate-inizio autunno aiuta questi grani ad arricchirsi sotto il profilo proteico, sebbene in alcune circostanze più o meno frequenti questo processo viene accentuato con mezzi artificiosi come l’uso di glyphosate alla raccolta (pratica in Italia non autorizzata), che consente un rapido essiccamento della granella in campo. Inoltre vengono utilizzate varietà estremamente vocate verso la produzione proteica, ed il contesto commerciale (il più delle volte statalizzato) è fortemente specializzato verso l’esportazione.
Da qualche anno, però ci si è resi finalmente conto, che anche in Italia (soprattutto negli areali meno caldi ed aridi) è possibile produrre granella di grano duro ad elevato tenore in proteine. Così alcune industrie di trasformazione, con l’ausilio dei contratti di filiera stanno favorendo l’introduzione di un metodo di coltivazione del grano duro, imperniato su standard produttivi ad elevato contenuto in proteine ed in glutine, grazie anche alla messa a punto di varietà italiane particolarmente predisposte a queste produzioni. Con tecniche colturali appropriate, i risultati sono più che soddisfacenti, in modo del tutto naturale e senza metodi poco raccomandabili; in certi areali addirittura si eguaglia o si supera il concorrente americano.
Per quanto riguarda la tecnica da utilizzare, va premesso che le proteine non sono altro che la trasformazione dell’azoto somministrato ed assimilato dalla pianta, in molecole più complesse presenti nella cariosside, le proteine appunto. Per raggiungere elevati contenuti in proteine è importante dunque la gestione agronomica complessiva della coltura, come naturalmente la somministrazione dell’azoto nelle dosi, nelle forme e nelle fasi vegetative corrette.
E’ indispensabile che la pianta abbia una crescita sana ed equilibrata quindi: è opportuno praticare una giusta rotazione con colture miglioratrici (preferibilmente leguminose), evitare ristagni idrici, praticare arature medio-profonde, preparare un buon letto di semina. Le varietà italiane più adatte sono: Aureo, Svevo , ma anche con le più diffuse Simeto, Quadrato, e lo stesso Duilio si ottengono risultati niente male. Normalmente si adattano bene a quasi tutti gli areali, la loro caratteristica principale, oltre ad un ciclo non troppo precoce, deve essere una ben sviluppata foglia a bandiera (tipo foglia di granturco) che deve rimanere verde il più a lungo possibile. Soltanto in presenza di attacchi fungini (ruggini ed odio principalmente) la foglia va tempestivamente trattata (fungicidi sistemici, ma anche lo zolfo bagnabile può andar bene in alcuni casi), e preservata.
Durante l’intera stagione vegetativa, la pianta deve essere supportata con 2-3 concimazioni azotate (non necessariamente in presemina) per mantenerla rigogliosa ed in salute e per raggiungere livelli produttivi soddisfacenti, ma l’apporto più importante, ai fini della produzione proteica, deve avvenire a ridosso della fase di spigatura (botticella), poiché quell’azoto servirà alla cariosside ad accumulare proteine supplementari, ed un importante ruolo di traslocazione dell’azoto, lo svolge in questo contesto, la foglia bandiera.
Parte dell’azoto assimilato viene accumulato nell’ultima foglia (esiste un attrezzo, chiamato SPAD, per misurarlo) e quando l’apparato radicale non assimila più dal terreno, la foglia bandiera libera la sua riserva di azoto che aiuta la cariosside ad arricchirsi ulteriormente di proteine.
La scelta del tipo di azoto dipende da vari contesti, si può utilizzare azoto a lento rilascio in areali freddi, oppure i semplici nitrati in areali a rischio stretta. Per il resto, coltivare grano proteico non si differenzia dal coltivare un grano “buono mercantile” fatto salvo per la scelta varietale e la tempistica della somministrazione azotata, e, come già detto prima, in Italia senza ausilio di tecniche stravaganti si ottengono ottimi risultati.
In alcuni areali del centro-Italia si sono ottenute granelle con 17% di proteine, e con un ottimo indice di giallo, parametro molto apprezzato dall’industria pastaria.
A titolo di esempio nella tabella a lato troverete un piano di concimazione, per un terreno argilloso del centro-Italia versante adriatico, 350-400 m slm di altitudine.
C’è da augurarsi dunque che questa tecnica e queste produzioni vengano valorizzate il più possibile sul mercato poiché soltanto così sarà possibile la produzione della pasta veramente “made in Italy”. Dalla produzione della "materia prima" alla trasformazione e commercializzazione, senza ricorso ad artifizi agronomici estremi, e senza che la “materia prima”, il grano duro, faccia il giro del Mondo prima di giungere sulla nostra tavola.
Mimmo70
Mimmo70
innanzitutto un ringraziamento a grano duro che ci permette di confrontare le nostre tecniche agricole, in modo da arrichirci sotto il profilo tecnico,
RispondiEliminasul grano proteico agiungo che la concimazione finale è dedicata alle proteine ,ma il resto è per garantire una produzione soddisfacente,sul litorale adriatico con quelle concimazioni si ottengono qualità e quantità,tuttavia la somministrazione dell azoto,deve tener presente di molti fattori.
La capacità drenante del terreno aiuta la dispersione ,l interramento delle stoppie fa sì che una parte di essa sia assorbita da loro per la trasformazione,in areali freddi per aiutare l accestimento si richiede maggior azoto,nel centro-italia per un buono mercantile con produzione sui 40-45qt( con rotazione leguminosa), ad ettaro occorrono circa 125-140 unità di azoto e le proteine oscillano tra i 11.50-13.oo ,come potete vedere produrre
proteine non è così oneroso,basta aggiungere 30 unità di azoto e seminare varietà predisposte.
premessa:
RispondiEliminaNO pre semina ;
per gli attachi da raggiune-oidio solo dopo la loro comparsa in piccole zone,intervengo con zolfo bagnabile,KG6.5 ad ettaro in circa 450lt di acqua,zolfo da disperdere anticipatamente in un catino,e filtrato prima di inserirlo nella botte del diserbante,pompa a bassa pressione ed ugelli in ceramica per avere la massima nebulizzazione,ed assicurarsi una perfetta copertura della foglia,poichè lo zolfo agisce per contatto.