Molto spesso noi durogranicoltori nudi e crudi snobbiamo il biologico, considerandolo poco produttivo, realizzato ad uso e consumo dell'ingenuo cittadino, e legato indissolubilmente ai contributi comunitari (come se il resto dell'agricoltura non lo fosse, peraltro) per quanto riguarda la convenienza economica.
In Sicilia, per varie ragioni, tuttavia è possibile sul serio gestire in biologico il grano duro con pregevoli risultati agronomici, soprattutto se inquadrato in un contesto aziendale dove è presente l'allevamento in modo da sfruttarne le sinergie.
Stasera vi propongo l'ottimo contributo di Ettore Pottino, un granicoltore biologico siciliano che mi pare faccia proprio sul serio.
Coltivare il grano in bio è tecnicamente possibile in molte zone d’Italia ma lo è indiscutibilmente nella nostra isola. Le nostre condizioni ambientali consentono con un buon margine di sicurezza di governare la coltura con i pochi mezzi che la pratica bio consente. Quindi se c’è un settore dove possiamo essere competitivi questo è il bio. Dal punto di vista tecnico da quello economico soffriamo di una grave discrepanza: la marginalità dai centri di trasformazione e dai mercati. L’assenza di una domanda locale fa fare dei giri pazzeschi per tutto il paese con un drastico deprezzamento del prodotto in loco gestito da pochi commercianti che fanno da intermediari e che fanno la “piazza”.
Il tutto inoltre è stato dopato dalle misure agro ambientali che sono state una mano santa per i nostri bilanci ma non hanno assolto a quella funzione di starter e di volano per l’avvio di una filiera autonoma e concorrenziale e che hanno alterato il mercato dando un argomento ai commercianti per tenere basso il prezzo”tanto avete il contributo”. Certo non facciamo poesia, senza le misure di sostegno, il bio in Sicilia non sarebbe decollato ora dobbiamo capire se sarà in grado di camminare con le proprie gambe o no.
Prima di passare alla tecnica, un po di sociologia. La cerealicoltura siciliana specialmente quella dell’interno ha rivoluzionato negli ultimi 40 la struttura sociale del territorio rispondendo peraltro in termini economici in modo decisivo. L’adozione dei mezzi tecnici e pratiche agronomiche razionali hanno consentito di fare reddito. Il rovescio della medaglia è che abbiamo assistito alla nascita del” latifondo contadino “ e al collasso dell’azienda agraria grande o piccola così come concepita in economia. Il risultato è stata la pratica di un’agricoltura da rapina (vado, l’ammazzo/semino e torno)con l’abbandono delle campagne, l’azzeramento della zootecnia e il ritorno ogni sera al paese, invece che dalla fabbrica, dalla terra.
Questa la storia necessaria per il confronto, infatti, il bio non è una tecnica da confrontare con il convenzionale ma un sistema che vede il suo tornaconto economico nella possibilità di sfruttare le economie e le opportunità che solo un’azienda agraria nella sua complessità può dare.
Coltivare bio qualcuno potrebbe pensare è una semplificazione, non concimo, non semino, risparmio, e anche se produco meno, guadagno uguale, non fa una grinza, meno rischi, uguale profitto.
Il problema è il governo della terra e dei suoi cicli e dell’imprevedibilità dell’ andamento delle singole annate. Al cereale deve succedere una leguminosa, indispensabile non solo per l’apporto d’azoto ma per l’azione rinettante, principale strumento di controllo delle infestanti. Produrre foraggi oggi con la zootecnia al collasso e i prezzi in caduta libera non ha senso se non si ha all’interno dell’azienda stessa allevamento.
Avere allevamento, anche solo come linea da carne, complica la conduzione ma è uno strumento importante per poter fare bio. Oltre all’apporto di sostanza organica l’allevamento, in particolare l’ovino) consente il pascolamento dei cereali favorendone l’accestimento, e delle foraggere migliorandone la qualità finale.
Di contro l‘allevamento bio ha un grosso problema da noi: la base proteica, infatti, è impensabile coltivare fave in bio e quindi bisogna comprare soia bio dal nord pagandola "a sangue di papa". La soluzione ci sarebbe ma la burocrazia della PAC che non prevede la semina di miscugli per la produzione di granella, la impedisce. Anni fa seminavo a spaglio 50 kg di orzo misti ad altrettanti d’avena e ci passavo sula seminatrice con 100 kg di favetta…In media ql 30/ha con una percentuale di favetta del 30/50%. La fantasia degli agricoltori castrata dalla burocrazia!!!!
Sempre di contro. Il mercato da noi vendere vitelli bio è uguale a quello già di per se mortificante del convenzionale.
Alla fine un po di numeri con esperienza personale, negli ultimi 5 anni le rese aziendali non sono mai andate in nessun appezzamento sotto i 20 ql/ha. L’anno scorso il Bronte mi ha fatto 40 ql/ha.
L’orzo più facile del grano con rese produttive più alte mediamente del 20% ha il problema di una maggiore volatilità dei prezzi (verso il basso) rispetto al grano ed è tutto dire….
Le foraggere producono ma quelle in esubero ho difficoltà a venderle perché commercianti cercano le vecchie ballette per fornire piccoli allevamenti residuali e io faccio rotoballe….
Insomma il bio è una risposta generalizzabile ?non credo. E' un’opportunità? Probabilmente. Serve alla creazione di un nuovo sistema d’impresa? Sicuramente.
Si, in molte zone della Sicilia il Mondo rurale è stato cancellato, e "scurarsi" in campagna è considerata pratica disdicevole.
RispondiEliminaTuttavia non necessariamente soltanto il biologico può avere il ruolo di riavvicinamento alla campagna che tu giustamente auspichi.
Un sistema produttivo integrato (economia chiusa si diceva una volta) può essere realizzato anche in convenzionale.
Non ricorrere ad un diserbante a priori per esempio, non mi sembra che possa necessariamente
tramutarsi un atteggiamento agricolo virtuoso.
A meno che non si ritenga ideologicamente che tutto ciò che è di sintesi, sia il male.
Ed io non lo credo.
Ottime rese per il grano, assolutamente plausibili soprattutto dopo una bella sullata di due anni.
Ma la bulatura della sulla è consentita?
Sono vietate le consociazioni anche tra leguminose?
Ritengo il biologico una opzione in più per l'agricoltore, visto che una fetta del mercato richiede un certo tipo di prodotti. Io personalmente sono abbastanza restio ai vincoli burocratici, quindi non mi ci sono mai voluto mettere (per quanto l'idea teorica mi affascini).
Uno degli aspetti migliori dell'attività agricola è ancora un certo grado di libertà nell'operare le proprie scelte di conduzione.
Preferisco sbagliare da solo, insomma.
Si, la bulatura lo anche provata per qualche anno ma senza grossi risultati ..anzi in un'annata particolarmente ricca di piogge primaverili la sulla si è sviluppata tanto da farmi trebbiare ad agosto e dover cernere il grano =2 produzioni ma a che prezzo!!! la consociazione per coltivazioni da granella semplicemente non è prevista ,tanto da mancare il relativo codice ...così uno deve mettere, se vuole farlo, quello della specie dominante, tranne a incorrere poi, in eventuali contestazioni ,molto più probabili in bio dove tutto è tracciato in modo stringente..
RispondiEliminapremetto che non conosco il disciplanare del biologico,ma penso che questa pratica non sia applicabile in tutti gli areali,e non sia praticabile con tutte le colture,penso che sia conveniente se uno vende direttamente al cosumatore,ma attrezzarsi per trasformare cereali non è cosa semplice.Per una grande azienda ,diciamo una che prende direttamente ed indirettamenti aiuti intorno ai 100000E diventa facile fare qualunque cosa,basta che non si vada in perdita ,ma per una media azienda che agli aiuti deve affiancare reddito da lavoro prima di avventurarsi in pratiche agricole rischiose è meglio pensarci sù.
RispondiEliminaQuello del bio resta pur sempre un mercato di nicchia dove non è facile proporsi ed i risultati potrebbero essere molti discostanti da un annata all altra,poi in quanto alla burocrazia ,no proprio non ci siamo ,se volevo fare il servo di qualcuno andavo a lavorare in fiat,faccio l agricoltore proprio per fare quello che voglio,due settimane fà hò avuto 2 controlli agea,1 sulla condizionalità direttamente in azienda ,2° sulla pac presso l ufficio competente,speriamo che questa crisi si porti via pure gli aiuti comunitari,così non vedrò più la faccia di questi parassiti.
Evidentemente Mimmo dopo il recente controllo Agea (che fortuna!), appena sente parlare di burocrazia vede rosso.
RispondiEliminaPerò il biologico ti rende più autonomo nei confronti dei fornitori non essendo costretto ad acquistare diserbanti o concimi chimici.
E per quello che so, un certo valore supplementare la granella di duro sul mercato lo ottiene.
Un tempo dalle mie parti la bulatura della sulla si faceva su una varietà primaverile-estiva di frumento: la timilia "tumminia in siculo".
E funzionava per quello che mi dicono.
Sulle varietà adatte per il biologico ho trovato questo riferimento:
http://www.prosementi.com/ita/news/le_varieta_psb_di_grano_duro_sono_risultate_le_piu_adatte_per_il_biologico/
Ci sarebbe da dare un'occhiata al numero dell'informatore agrario per vedere i risultati di Sud ed isole.
Queste sono le attuali quotazioni del biologico sulla piazza di bologna:
RispondiEliminaAGRIC. BIOLOGICA PROD. NAZ.(1)
Frumento Tenero
1 dicembre 2011
275,00
285,00
24 novembre 2011
275,00
285,00
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Frumento Duro (2)
1 dicembre 2011
354,00
364,00
24 novembre 2011
354,00
364,00
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inv
Orzo
1 dicembre 2011
267,00
277,00
24 novembre 2011
267,00
277,00
inv
inv
Granoturco
1 dicembre 2011
256,00
261,00
24 novembre 2011
256,00
261,00
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Farro (Triticum dicoccum) (2)
1 dicembre 2011
275,00
305,00
24 novembre 2011
275,00
305,00
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Favino nazionale
1 dicembre 2011
278,00
298,00
24 novembre 2011
278,00
298,00
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Seme di soia
1 dicembre 2011
487,00
495,00
24 novembre 2011
487,00
495,00
inv
inv
i prezzi sono molto interesanti bisogna che Pottino ci dica qualcosa in più.
Magari ............ quando parlo di marginalità,parlo proprio di questo .. e' la stessa cosa ,in peggio, del convenzionale vedi mercuriali di Bari rispetto a Catania.Io ho venduto a fine Settembre a € 0.29 iva compresa.In teoria il plus di prezzo è del 12% .Tanto x capirci la soia che viene data a € 0.49 io la pago qui € 0.66...... il vecchio detto compri oro,vendi piombo è decisamente calzante.
RispondiEliminacaro ettore,gira e rigira è la solita storia del cetriolo,a questo punto ti consiglio di arrichire i tuoi prodotti con un formulato speciale ,molto in voga in nord america ,Gliphosate,pare che questa sostanza faccia molto bene all organismo,altro che biologico,questi vogliono mangiare a uffa,e questo il vero problema.
RispondiEliminaDimenticavo,dalle mie parti cè un pastore che fà agnelli biologici(è uno grande)ha trovato una filiera e da qualche anno le cose gli vanno abbastanza bene,come dicevo bisogna arrivare direttamente al consumatore,su internet deve esserci una rete di contatto per tutta italia,magari granoduro che con queste cose ci sà fare pubblicherà qualcosa.ciao.
E' da diversi anni che conduco la mia azienda in biologico e posso affermare di esse libero, libero più di prima.
RispondiEliminaIl primo grado di libertà l'ho maturato dopo il primo anno in bio, quando dopo mille timori ho raccolto come prima, anzi più di prima.
Certamente occorre programmare e la Pac non aiuta perchè volubile. Quindi è la pac che deve trovare spazio tra le mie libertà e non io tra la volubilità della Pac .....
beh, dacci qualche dritta allora.
RispondiEliminache varietà utilizzi? quale rotazione operi?
il grano biologico come lo commercializzi?
più libero di prima perchè?
Agricoltura biologica è qualcosa di più grande di granicoltura.
RispondiEliminaIl grano non è più il principale protagonista della mia favola. Hanno grande importanza le leguminose ed anche gli altri cereali quali l'orzo.
Tassativamente ogni due anni si ripete un campo di leguminose destinate principalmente a produrre del foraggio per le mie mucche, ed in modesta percentuale a riprodurre le sementi necessarie per gli anni a seguire.
Il grano non ritorna sempre ogni due anni, perchè mi serve produrre orzo per i bovini.
Le varietà che ho utilizzato finora sono Iride e Simeto, ma adesso mi sono tuffato nel mondo dei grani dei nonni. Coltivo anche il tenero.
Il grano lo commercializzo in parte per la produzione di pasta e pane artigianale, in parte cedendolo ai commercianti che mi pagano il 25% in più (ma non sono soddisfatto).
Sono libero perchè adesso sono consapevole che per produrre bene e meglio non sono affatto necessari nè i concimi di sintesi nè i diserbanti; occorre fiducia nella natura e cura nelle lavorazioni.
Sono contento di sentire ogni tanto una storia di un agricoltore soddisfatto.
RispondiEliminaAnche se quando scrivi:
"ho raccolto come prima, anzi più di prima."
rimango perplesso.
Produrre più in biologico che in convenzionale, lasciamelo dire, la considero una forzatura poco realistica.
"anzi più di prima" era intanto riferito alla produzione del 1°anno di conversione al bio, dove certamente il terreno non più forzato dai mezzi tecnici ha potuto esprimere al meglio il suo potenziale accumulato nel tempo.
RispondiEliminaMa "più di prima" è ancora attuale perchè è risultato possibile avere produzioni superiori a 40 qli per ha con una buona precessione colturale, una attenta attività di coltivazione e forse un pizzico di fortuna; considera poi che non spendo più nulla in concimi e diserbi.
Ricorda che è la somma (algebrica) che fa il totale.
P.s. come posso attribuirmi un nomignolo per il tuo blog? grazie
Non discuto che guadagni più di prima, ma produrre in termini quantitativi più di prima non lo credo.
RispondiEliminaPoi che hai prodotto 40 q/ha l'anno passato lo credo, però in convenzionale spinto l'anno scorso (in molte zone della Sicilia un ottima annata) ho visto punte di 80 q/ha.
Un nickname, se non sbaglio lo puoi creare aprendo una mail su gmail.
x anonimo,scusa ma un azienda biologica su quanti ettari deve operare per essere competitiva con quella pratica?quanti capi di bestiame deve avere?trasformi e vendi direttamente i tuoi prodotti?non sò niente in materia e sono curioso,non si sà mai,che non decida di darmi al bio.
RispondiEliminaCerco sempre di ottenere il massimo, adoperandomi al meglio, consapevole anche della funzione sociale delle produzioni agricole; oggi la produzione del grano non mi sembra sia finalizzata più a sfamare gli affamati (che si lasciano morire purtroppo), allora non mi importa la quantità ma solo la qualità (e l'agricoltura biologica è qualità)e cerco almeno di mettere in circolazione prodotti più sani e genuini(non che quelli convenzionali non lo possano essere), contribuendo a migliorare l'ambiente in cui viviamo (primo fra tutti l'ambiente di lavoro-campagna).
RispondiEliminax mimmo70
RispondiEliminaPenso che un centinaio di ha possano bastare per iniziare; è essenziale avere i locali per la conservazione dei prodotti e l'eventuale trasformazione.
Io opero con qualcosa in più e circa 60 capi di fattrici
amico anonimo,la tua pratica mi affascina,poichè per un agricoltore interagire alla pari con la natura è cosa molto gradita,io faccio convenzionale,e mai mi sognerei di inveire contro la natura,la fame del mondo non è nè colpa mia ne tua,e quando opero do fondo a tutte le mie energie sia fisiche che conoscitive proprio perchè aspiro ad ottenere il meglio,per questioni di costi cerco di limitare il più possibile l uso della chimica l ha dove è possibile,però alla fine cè una cosa con la quale si deve fare i conti e si chiama bilancio aziendale,il quale alla fine dell anno deve quadrare altrimenti sono cazzi(scusa l espressione).Ora dato che la rotazione la faccio anch io e ci si ricava ben poco sopra,nel tuo caso se ho ben capito la miglioratrice si ripete per 2 anni,e siccome non ci guadambio io non ci guadambi neanche tu,allora o disponi di una grande azienda e in quel caso gli aiuti pac ti danno una mano o non ci capisco niente io,forse è più probabile che non ci capisco io,
RispondiEliminaLa pianta miglioratrice non si ripete per 2 anni ma ogni due anni.Es: grano-veccia-orzo-trifoglio-grano-favino etc
RispondiEliminaI foraggi che ottengo sono molto apprezzati sia dalle mie mucche, sia (sopratutto) da aziende bio che non sono autosufficienti per la produzione dei foraggi. La qualità dei prodotti mi consente di andare fuori mercato e stabilire dei prezzi che ritengo adeguati alla qualità che si propone.Inoltre, una discreta quantità di foraggi la impiego per alimentare i vitelli fino a farli diventare vitelloni (andando contro corrente rispetto ai più che ingrassano i vitelli con i concentrati utilizzando solamente la paglia e non i fieni o i fienisilo).
i tuoi animali tutti i giorni al ristorante a 5 stelle,si concordo con tè,formaggi e carni squisite,vendi direttamente quindi ,oggi è l unica strada per rimanere a galla,senti ma con le infestanti come fai?
RispondiEliminaUna domanda:
RispondiEliminama senza contributo per il biologico, la tua azienda sarebbe in attivo?
il prezzo della carne biologica è dunque sensibilmente superiore a quella convenzionale (invero infimo al momento)?
si per l'attivo. Il prezzo della carne e' di poco superiore al conv
RispondiElimina700.000 t di falsi prodotti biologici, il 10% dell'intero mercato nazionale.
RispondiEliminahttp://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-12-06/megatruffa-biologico-finanza-sequestra-084208.shtml?uuid=AaydgmRE
E' uno dei motivi che mi spinge a consumare e produrre convenzionale.