Vi copio-incollo un interessante articolo tratto dalla rivista "Pasta e Pastai". Uno spaccato significativo su come si evolve il mercato della pasta in Russia.
La pasta in Russia, dove la scelta è dettata dal prezzo
Qualche tempo fa ero a piacevole colloquio con Evgheny Salinikov, gran gentiluomo e proprietario del pastificio “Verola” di Samara, il più antico pastificio della Russia, fondato nel 1882 con il nome di “Prima fabbrica di maccheroni T.D. Kenizer & Co”. Oggi è uno stabilimento moderno: quello che colpisce, negli enormi capannoni che insistono su un territorio di 15.000 metri quadrati al centro della città, è l’ordine e l’organizzazione… cosa non usuale in Russia.
Evgheny mi racconta della storia della sua azienda, lasciandone trasparire il profondo amore, e mi mostra con orgoglio una confezione originale di “vermishel” di fine ottocento, quando la pasta si produceva solo con il migliore grano duro, quello coltivato nelle terre nere delle pianure del Volga, e che veniva anche esportato in Italia, dove gli era stato affibbiato il nome (erroneo) di Taganrog, mutuandolo dall’omonimo porto d’imbarco nel mare d’Azov.Questo dimostra che la pasta in Russia ha una lunga tradizione, interrotta però bruscamente dopo la Rivoluzione di Ottobre, che ha fatto piazza pulita delle coltivazioni di grano duro, sostituendole con quelle più redditizie in termini produttivi, di grano tenero. La pasta, questa pasta cotta e stracotta, diventa sempre più un complemento di accompagnamento a un secondo, e sulla quale è tradizione una dose abbondante di ketchup. In fondo, per quest’uso, può andare bene anche se fatta con farine di grano tenero… Quindi non un “piatto da poveri”, ma un “piatto povero”, per il quale il prezzo dev’essere il minore possibile.Qualità e prezzoParliamo del mercato russo della pasta, ferocemente diviso fra pasta prodotta internamente e pasta importata: una divisione netta che non lascia spazi di sovrapposizione, quasi fossero due merceologie diverse.La pasta prodotta dai circa 150 pastifici censiti in Russia (ma solo 10 di questi producono oltre il 75% sul totale delle 830.000 t/anno) risponde quindi a una logica di mercato dove il prezzo è l’unico criterio di scelta. Una lotta durissima, quella dei prezzi, che sta facendo chiudere molte aziende, mentre altre, per reggere, ricorrono a materie prime sempre più scadenti. Una lotta dominata da pochi grandi gruppi che controllano tutta la filiera: grano, molini e pastifici. La norma è l’uso di farine di grano tenero, poiché il grano duro coltivato è molto poco e costa molto caro; le importazioni di grano duro, d’altro canto, risultano prossime allo zero. Ma l’etichetta di una qualunque confezione di pasta prodotta in Russia riporta la composizione: farina di grano duro - acqua. E allora, come la mettiamo? Per la stragrande maggioranza dei produttori è una bugia, mi conferma il mio cortese ospite. Altri pastifici utilizzano tutt’ al più miscele: pochissimi, come qui alla Verola, producono due varietà, ben contraddistinte dal colore dell’involucro, una di solo grano tenero a prezzo basso e di concorrenza, e una utilizzando (anche) grano duro, che costa un po’ di più. Mi racconta anche, con malcelato orgoglio, di quel cliente in Ukraina che ha scritto una lettera alla Verola, lamentandosi che gli spaghetti acquistati “reggevano troppo” alla cottura e anche dopo lunghe bolliture restavano “al dente”. Ma come dicevo, la gran parte dei consumatori non recepisce queste differenze e soprattutto non crede a quanto scritto in etichetta, per cui continua a scegliere in base al prezzo. Questa etica produttiva, unita all’inefficacia delle leggi che regolano la materia ed alla ridicola metodologia dei controlli, crea un notevole danno anche all'agricoltura stessa: non vi è vantaggio alcuno a coltivare le varietà di grano duro, perché i produttori di pasta richiedono solo farine a bassissimo prezzo. I grandi gruppi, grazie alle innovazioni tecnologiche e alle addittivazioni, oggi si ritengono in grado di imitare un prodotto che abbia minimi requisiti di qualità, confidando soprattutto nell’ “ignoranza gastronomica” di gran parte dei consumatori.La pasta importataSono quindi partiti all’assalto del segmento della pasta importata (leggasi pasta italiana) con imballi appariscenti, nomi italiani (spesso ridicolamente approssimati), altre furberie riguardo al peso - confezioni che contengono 400/450 gr. anziché 500 gr. di prodotto - e per ultima, immancabile, l’indicazione “prodotto da grano duro con tecnologia italiana”. Posizionato il prezzo al 50% del prodotto italiano (che sconta qualità di componenti infinitamente superiore, costi di trasporto e salatissima dogana) ed ecco, il gioco è fatto: utili stratosferici per i produttori locali e nostre importazioni che stentano a uscire dalla cerchia ristretta degli intenditori e dei buongustai. Alziamo bandiera bianca ? No, assolutamente, della cosa si comincia a parlarne sempre più diffusamente, e il discuterne è sempre positivo dato anche il grande interesse che l’argomento riscuote nei blog e sulle riviste di settore. Che dire poi della recentissima entrata in campo di grandi gruppi italiani del settore, come De Cecco e Colussi, che si sono presentati direttamente sul mercato russo, acquisendo alcuni dei top-ten, quali Pmk e Infolink?Da parte nostra (e non finirò mai di ripeterlo) dobbiamo però impegnarci a far cultura… perché la pasta è Arte e Cultura italiana.Gianguido Breddo
Fonte
La varietà "Taganrog", citata all'inizio dell'articolo, fu molto utilizzata dai pastai liguri e napoletani sino al 1917. Dopo la Rivoluzione d'Ottobre sparì dalla circolazione. Si dice che possedesse il 17% di glutine!!!
Oggi alcuni pastifici semiartigianali propongono alcune linee di pasta a base di Tagarong prodotto in Italia.
la qualità,la differenza tra un prodotto è un altro lo capisce pure uno sciocco,ma al portafogli non si comanda,se i soldi sono contati,purchè non strozzi tutto ingozza-
RispondiEliminain italia grosso modo la pasta anche quella di "qualità" piu o meno è alla portata di tutti,chi non la compera è perchè di proposito si dirige su qualcos altro, bisogna dire che i marchi blasonati,dopo aver fornito il cliente piu esigente,mette sul mercato la stessa pasta con marchi diversi-meno blasonati,meno curati nell aspetto estetico ma qualitativamente buono-poi la GDO fa il resto-in italia la pasta di grano tenero te lo sbatterebbero in faccia-i popoli vanno educati anche nel consumare i cibi-
il vero problema semmai ,sono questi pseudo prodotti in giro per il mondo con qualche riferimento italico,e qui che le nostre istituzioni dovrebbero intervenire-
le nostri istituzioni!!!!!!!!!!!chi le ha viste?
a proposito di quotazioni-ma non eravano sull orlo di una catastrofe da carestia alimentare tanto è stato incisiva la siccità a livello globale sulle produzioni cerealicole?maaaa-