lunedì 21 novembre 2011

Investire in mezzi tecnici, ma fino a quanto conviene?



Navigando per il web mi sono imbattuto in un sito americano che veicola, tramite interventi di autori competenti, idee e punti di vista per un agricoltura realmente sostenibile.

Farmers aren’t going to invest in fertilizers, higher quality seed, or putting a lot of extra effort into their crop in general if there’s a good chance drought will wipe out everything despite it – or if they don’t have a way to get surplus yield to a market. For example, many of those farmer suicides occurred because farmers were convinced to take out loans on extra supplies but weren’t able to recoup the investment.
Ovvero:

Gli agricoltori non stanno investendo in fertilizzanti ed in sementi di alta qualità, così come in generale non intendono fare sforzi supplementari nella coltivazione, se c'è una elevata probabilità che la siccità spazzerà via tutto o se non hanno una strada sicura per piazzare le proprie produzioni in surplus sul mercato. Per esempio, molti dei suicidi degli agricoltori si sono verificati perché si erano convinti a contrarre prestiti per l'acquisto di mezzi tecnici extra, ma non erano stati in grado di recuperare l'investimento.
Personalmente trovo, questo pensiero di Matt di Leo (uno degli autori), interessante oltre la questione suicidi in agricoltura in sé, e credo si possa estenderlo come ragionamento per tutti i ritrovati che vengono venduti agli agricoltori, almeno per le maggiori colture che noi coltiviamo. Nelle condizioni attuali di incertezza di reddito, derivante dal fatto di non conoscere al momento della decisione di semina né la produzione futura a causa delle variabilità climatiche (perché è pur vero che esiste la possibilità di assicurarsi, ma le assicurazioni tendono, complici ingiustificabili ritardi burocratici, ad assicurare i prodotti il più vicino possibile alla raccolta, quando la probabilità di molti rischi è minore), né il prezzo a causa della elevata volatilità delle quotazioni, l'unica certezza è il costo, sempre più elevato, di tutta una serie di mezzi tecnici (sementi, concimi, prodotti fitosanitari, etc). Per cui indebitarsi, per acquistare gli ultimi ritrovati tecnici senza prima essere sicuri di ciò che si compra e dei suoi reali benefici agronomici ed economici diventa pericoloso dal punto di vista dei rischi finanziari già nei paesi poveri, ma può diventarlo anche da noi, se non si fanno le opportune valutazioni; ed anche se si prova a farle, con tutte le variabili in gioco, si ha probabilità di azzeccarci come con il meteo a lungo termine (ovvero difficilmente)...e come ben sappiamo se qualcosa va storto, la perdita è sempre solo dell'agricoltore.
Se si analizzano i vari fattori che compongono la redditività aziendale (molto più indicativa come parametro della produttività riferita all'unità di superficie, che usa chi fa i conti per individuare il sovrapprezzo massimo a cui poter vendere il proprio ritrovato tecnico all'agricoltore) spesso si scopre che aldilà delle sementi ibride, di varietà veramente innovative, dei fertilizzanti soprattutto azotati, correttivi del ph ove necessitano e prodotti fitosanitari diserbanti (sulle tecniche di coltivazione e di lotta alle infestanti vi sarebbero valutazioni complesse da fare) tutti gli altri prodotti offrono un margine di incremento produttivo annuale che, salvo particolari condizioni di bassa percentuale di sostanza organica nel suolo (soprattutto nel caso del mais), si riesce a malapena a recuperare nelle migliori condizioni climatiche e di mercato. In questo contesto, per ricavare il massimo profitto possibile a scapito dell'agricoltore (a volte ben oltre il suo reale reddito), i detentori di brevetti e di materie prime spesso riescono a instaurare le seguenti condizioni economiche e commerciali:
- limitata concorrenza, cartello o addirittura monopolio;
- mancanza o limitata offerta di mezzi per valutazioni obbiettive del mezzo tecnico e delle alternative possibili (i cosiddetti benchmark resi obbligatori per legge in altri contesti), da parte degli agricoltori ;
E' illusorio attendersi rinunce volontarie per motivi etici, da parte dei grandi investitori privati, a questo stato di cose a loro favorevoli, e nemmeno a miracoli da associazioni indipendenti no profit, qualcosa in più sarebbe lecito attendersi dagli agricoltori stessi, dai sindacati agricoli, dagli istituti pubblici di ricerca agronomica ed economica e soprattutto dalla politica..


23 commenti:

  1. il problema degli investimenti tecnologici e presente in tutti i settori,noi agricoltori in fondo siamo dei conterzisti a disposizione delle grandi multinazionali,anche se lavoriamo nostre proprietà-il prodotto finale e soggetto a molte variabili quindi difficile da definire in presenza di investimenti.
    in agricoltura gli operatori sotto questo aspetto sono molto vulnerabili,poichè chi controlla questo mercato riesce a manipolare la realta con molta destrezza,basta cambiare il colore ad un contenitore e grazie ad una buona propaganda rischi di caderci,-
    ebbene che gli agricoltori imparino a fare bene i conti,quando si coltiva il primo pensiero è quando potro guadambiarci?no non è cosi,il 1° conto da fare è quando mi costa questa cultura?
    Nel mio caso un qt di duro mi costa tra i 17-19E investire di piu rischierei di andare in perdita,e allora quei prodotti per quanto mi riguarda se li possono tenere,io coltivo con i contratti di filiera,ho avuto modo di confrontare più contratti,alcuni sono creati con criteri agronomici da farti perdere pure le mutande,si cerca di furbeggiare in tutti i modi,tanto chi rischia sei tù,ti spacciano acqua fresca per pozione magica,in questo campo il supporto di un agronomo è importante,io avevo problemi con le malattie fungine ,i trattamenti davano scarsi risultati e costavano,poi un amico mi consiglia il metodo della nonna,kg6 di zolfo ad ht,E6 da dare in 2 stadi,problema risolto e soldi risparmiati,gli sciacalli ci girano intorno aspettando il momento giusto.
    per le attrezzature idem,prima di aquistare una macchina bisogna calcolare il tempo di ammortamento,se rientri entro 5-6 anni bene altrimi le soluzioni sono 3:o ti dirigi su un modello piu economico,o aggiusti il tuo,o continui a farne a meno,poichè un passo falso potrebbe costarti caro,suicidio compreso.
    gestire un azienda non è facile ma prima di fare un investimento la regola principe e calcolare in quanto tempo esso rientri,e se rientra,e questo vale per tutti gli elementi che si acquistano a sostegno della produzione,agricoltura o non.
    il nostro settore è più vulnerabile di altri,poichè i PSR in europa dirigono gli investimenti in un periodo preciso obbligando ad acquistare tutti allo stesso momento,questo e contro il principio della concorrenza poichè favorisce l istituzione di cartelli,in oltre si rischia di affrontare spese in momenti in cui l economia è in affanno quindi lo sforzo diventa quasi doppio.
    IL PROBLEMA FRANCESE NE è LA PROVA,fare impresa è molto difficile.

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  2. Sui mezzi tecnici io sposo in toto quanto dicono Di Leo e Granturco
    Semplificazione della gestione aziendale, pochi interventi ma ben mirati, capitale di anticipazione minimo, costi per unità di superficie minimi.
    Prima regola: non rovinarsi e sopravvivere in caso di siccità, altri eventi calamitosi o di crollo delle quotazione.
    Input solo azotati in copertura a basse dosi con efficienza di utilizzazione altissima, diserbi mirati, sementi fatte in casa meglio del sementiere (tranne una parziale rimonta), rotazione con leguminose a go-go, e via...
    Certo obiettivo produttivo medio e qualitativo minimo, ma non ambisco a vincere il premio del miglior campo del comprensorio, come quello dell'iperproteico.
    Preferisco ridurre al minimo i rischi nel medio-lungo periodo piuttosto che massimizzare i profitti (o le perdite) nel breve.

    Si, lo so Mimmo, così non entrerò mai nella filiera. Ma al momento la ritengo la strada più saggia.

    Allo Stato chiederei soltanto una cosa, di garantire trasparenza in questo famoso mercato, sia in relazione ai mezzi tecnici che alle produzioni. Ma non mi illudo, siamo purtroppo abbandonati a noi stessi.

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  3. il premio più ambito da un imprenditore è la buona salute della propria azienda,le strade per raggiungerla sono tante poichè tante sono le variabili a cui si è sottoposti,l importante non è il mezzo(purchè si operi nel pieno rispetto della legalità)ma il fine,se il tuo mezzo è ottimo per la tua azienda ,sta bene pure a me,poi un giorno, a causa di una variabile situazione, magari cambierai,ma se eserciti all insegna della serietà e della responsabilità,non hai nulla da temere,la maggior parte delle nostre disavventure vengono da eccessi e da disinformazioni,e il nostro settore non è immune da megalomani e da ignoranti,per quanto riguarda il mercato,il discorso è molto complesso,in fondo nel nostro piccolo anche noi siamo speculatore,l unica anomalia e che siamo troppo piccoli per esercitarla,altrimenti non ci faremmo scrupoli,certo delle regole ci vorrebberero,poichè le regole servono a difendere i deboli , i forti fanno quello che vogliono.

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  4. mimmo
    non so cosa intendi tu per speculatore,un conto è difendere il proprio reddito da lavoro,a tutela della propria azienda e famiglia.cercando di non gravare sugli altri, un altro è accaparrarsi più di quello che ti serve sulla pelle altrui,a volte non producendo niente di utile arrecando danni e facendo pagare il conto alla collettività e all'ambiente.

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  5. avevo preannunciato che il discorso è complesso,oggi il mercato è speculare a se stesso,esiste solo il profitto,e poco importa come ottenerlo,la tua ma anche la mia visione di economia è fatta di merito e di regole quelle cose che oggi non trovano spazio nel nuovo modello neoliberista,e purtroppo questo è il mondo con il quale ti devi relazionare,poi non ti preoccupare ,chi lavora non ha mai arrecato danno alcuno a chi sa chi.

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  6. Si, anche noi siamo speculatori in piccolo, concordo con Mimmo70.
    Nel momento stesso in cui non vendiamo il grano alla trebbiatura, stiamo speculando, perchè speriamo di venderlo ad un prezzo maggiore negando il nostro prodotto al consumo.

    Si Granturco, d'accordo lo facciamo per difendere il nostro reddito e tutto quanto, però sono sicuro che se intervistiamo un manager di una banca d'affari, ci dirà anche lui che opera per preservare posti di lavoro della sua azienda, e che senza di lui l'economia mondiale si bloccherebbe causando carestie e miserie.

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  7. "chi lavora non ha mai arrecato danno alcuno",
    ed invece no, prendiamo i cinesi, ci stanno distruggendo proprio grazie alla loro elevata capacità di lavoro.

    In realtà nel meccanismo del mercato globale, siamo costretti ad essere tutti contro tutti.
    Poco importa se lavori più o meno, se sei onesto o virtuoso. Devi comunque competere al massimo per sopravvivere. E la competizione produce vincitori e sconfitti.

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  8. Non capisco da dove vi derivi questo senso di colpa ,per cui se si non vende tutto al raccolto si è speculatori.. Difficilmente al consumo manca prodotto al raccolto e nei primi mesi successivi.
    C 'è sempre una quota di prodotto venduto dai produttori al raccolto e senza contrattare molto il prezzo ,per debiti con il centro di raccolta per mezzi tecnici fornitegli a credito al momento della semina, per necessita di liquidità,per mancanza di spazio etc.A questa quota in certe annate occorre aggiungere l'invenduto dell'anno precedente.
    Questa parte di raccolto ,il centro di raccolta è sicuro che arriva e lo ha già venduto prima con contratti precedenti il cui prezzo è quasi sempre superiore a quello pagato al produttore ,pur con dovuti ricarichi.
    poi dipende cosa si intende per consumo :il molino, l'industria utilizzatrice, il mangimista..hanno una certa capacita di stoccaggio,hanno fatto contratti di filiera .
    Vendere quando hanno i magazzini pieni e sono coperti significa deprezzare il prodotto e correre rischi di insolvibilità maggiori perché in quel momento comprano intermediari che non sono più i vecchi commercianti che un tempo avevano la funzione, di raccogliere il grano,al raccolto e conservarlo e consegnarlo scaglionato..contando su il fatto che il prezzo generalmente dopo il il raccolto aveva un incremento che copriva i costi,.Ora con la volatilità che c'è ,utilizzatori e commercianti che non siano i grossi trader con potenti mezzi hanno paura ,acquistano sul venduto perché temono di trovarsi con il cerino in mano di merce acquistata a un prezzo e doverla vendere a prezzo inferiore..rimangono solo gli speculatori che pensano di avere la dritta giusta e comprano perché sperano al rialzo. Sovente la merce manco la vedono fisicamente,Se guadagnano forse ti pagano se perdono attaccano grane o falliscono .non vendere a questi io non la considero speculazione ma saggezza.

    Queste sono le conseguenze della eccessiva volatilità causata dalla eccessiva finanziarizzazione delle commodities. A fronte di variazioni di volumi del 4-5 % di produzione e consumi corrispondono oscillazioni dei prezzi del 100 % che se è pur vero spostano poco i consumi spostano invece produzione e scorte Occorre aumentare le produzioni e le scorte; abbiamo visto a chi sono a carico i rischi di maggiori investimenti e perché non li fa.
    Nei secoli passati anche da noi occidentali un annata avversa era fame e miseria per tutti ,più annate avverse era abbandono del territorio e decimazione della popolazione
    e adesso invece lo è solo per l'agricoltore,gli altri vengono toccati..solo marginalmente
    Questo è stato un progresso ma molti non se ne rendono nemmeno conto ,pensano sia un diritto acquisito talmente sono abituati a trovare la tavola sempre pronta e preparata.
    il manager della banca d' affari come tanti altri venditori di fumo, a mio avviso sarebbe meglio cominciassero a pensare a crearsi un altro lavoro credo che di lavori tipo il loro ne serviranno sempre meno.

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  9. Intendiamoci io non ho alcun senso di colpa.
    Però la speculazione economica, sta proprio nel guadagnare prevedendo gli eventi futuri.
    Quindi vendere il proprio prodotto con il prezzo a chiamare, aspettando che aumenti la quotazione, a mio modo di vedere rientra nel concetto di speculazione, anche se molto in piccolo e non in grado di determinare chissà quali guadagni.

    La speculazione secondo la Scuola austriaca

    Secondo Ludwig von Mises, ogni attore economico è uno speculatore, in quanto l'azione umana è sempre diretta verso il futuro che è di per sé sconosciuto e quindi incerta. Il modo distintivo di pensare dello speculatore sta nella capacità di comprendere i vari fattori che determineranno il corso degli eventi futuri. Ogni genere di investimento è quindi una forma di speculazione[1].
    Sempre secondo Mises, "la speculazione anticipa i futuri cambiamenti dei prezzi; la sua funzione economica consiste nel pareggiare le differenze di prezzo tra differenti luoghi e differenti punti nel tempo e, attraverso la pressione esercitata sulla produzione e sul consumo, nell'adattare domanda ed offerta l'uno all'altro"[2].

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  10. oggi dire speculazione equivale a nominare il diavolo,
    la speculazione non è nientaltro chè il mercato,senza regole esso e selvaggio e feroce,con le regole si chiama economia sociale.
    Oggi è senza regole,la parola d ordine è il profitto,però in fondo senza il profitto non c è impresa,il problema è che la deregolamentazione ha fatto si che il piu forte sbranasse il piu debole,e questo è il principio della turbo economia,affiancata alla globalizzazione,tuttavia il principio del profitto è l asse portante dell economia di mercato,esso ha sostituito il guadambio,il giusto guadambio,ed ha ragione granoduro,un banchiere specula in nome della sua azienda e dei suoi addetti,ed è leggittimo farlo in virtù della logica del profitto,tuttavia anche io se potessi vendere il mio grano a 100 anziche 30 perchè non farlo,o almeno non tentarci?purttroppo si torna al punto di partenza ,senza regole il più forte distrugge il debole,e questa è la speculazione,se tornasse il mercato allora le cose sarebbero diverse ,ricomparirebbe quella variante che si chiama guadambio,in quanto alla gestione di un azienda io ritengo che gli agricoltori devono imparare a fare bene i conti,poichè per noi la parola profitto non cè,perchè come ho già detto,pur lavorando nostre proprietà siamo solo dei contoterzisti,e allora sono gli altri a decidere a quando deve ammontare il nostro guadambio,poi sta a noi rimanere il più possibile con i piedi per terra e ad esporci il meno possibile finanziariamente,poichè rilevare un azienda agricola per insolvenza magari a 1/3 del suo valore è un ragionamento molto frequente tra gli specularori,io personalmente negli ultimi 5 anni riesco ad arrivare al raccolto senza dover impegnare parte di esso per le spese sostenute,non è stato facile,ma se si decide di farlo ci si riesce,la volatilità la si combatte con la liquidità,non è facile ma se non si crea liquidità la vita di un azienda diventa un gioco d azzardo,e i margini di contrattazione che già sono ristretti,scompaiono del tutto.

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  11. quello che fanno oggi i cinesi lo facevano i nostri nonni,e i nostri genitori,il meccanismo è sempre lo stesso,senza regole il piu forte fà il prepotente,metti le regole e anche i cinesi saranno ben felici di lavorare 8 ore con tutti i diritti annessi e connessi e il differenziale tra noi e loro si azzera,un prepotente è tale a prescindere dal suo colore della pella ,della sua nazionalità dal suo orientamento religioso e sessuale sono tutti uguali,cosi come sono tutti uguali i disgrazziati.

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  12. Mimmo
    la speculazione in se, nel suo concetto originario ed in una logica di economia di mercato, non è necessariamente un fenomeno negativo. Anzi per alcuni è addirittura il lubrificante necessario che fa funzionare i mercati finanziari.
    Nella percezione confusa e appunto diabolica che ne danno i giornali è invece certamente un male.
    Per me, l'aspetto preoccupante che la ha trasformata in qualcosa di realmente deleterio è la sua deresponsabilizzazione.
    Ovvero se io metto da parte il grano e non lo vendo subito, mi può andar bene come male (a meno che non imbroglio e sono in grado di manipolare il mercato o posseggo informazioni riservate che gli altri non hanno...)
    Ma sarò io e/o la mia azienda a pagarne le conseguenze (nel caso in cui le cose non vadano come sperato) e ciò in qualche modo limiterà la mia attitudine speculativa (a meno che non sia un pazzo irresponsabile).

    Ora invece cosa succede a grandi livelli finanziari:
    1) spesso chi specula ha la forza di manipolare il mercato e di indirizzarlo a suo piacimento;
    2) spesso chi specula ha delle informazioni economiche riservate negate al grande pubblico di investitori (il cosiddetto "parco buoi");
    3) ma la cosa più grave é che: se per caso lo speculatore pur avendo un potere enorme, sbaglia miseramente i conti o si fa trovare con le mani nella marmellata, non paga per i suoi errori perchè è troppo grande per fallire ("too big to fail") e viene salvato a spese della collettività con la scusa che sarebbe peggio per tutti se fosse abbandonato a se stesso.
    Questo è successo con le banche americane che giocavano sui subprime (aiutate dallo Stato USA), questo sta succedendo con banche di mezzo mondo che giocavano con i debiti dei cosiddetti PIIGS (ma anche dei paesi dell'Est Europeo) (aiutate dalla U.E.).
    Capirai bene che quando hai la certezza di non andare in bancarotta, ti tuoi sbilanciare su qualsiasi investimento ti passi nella zucca, tanto se va male il conto lo paga qualcun altro.

    Questa viene chiamata speculazione, in realtà sono reati belli e buoni, ma non verranno mai perseguiti.

    Sul lavoro
    difficilmente ai cinesi metteranno la giornata ad 8 ore (questo è quello che la propaganda ci vuole fare credere), sarà più facile che la aumenteranno ai nostri salariati.
    Comunque intendevo dire che qualsiasi soggetto economico, in perfetta buona fede (anche un indefesso lavoratore), nel sistema globalizzato può creare squilibri economici negativi dall'altro capo del Mondo.

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  13. tutto cio che dici tù è vero,ma è la conseguenza della deregolanmentazione ,i reati sono tali quando ci sono regole che li definiscono tali,in assenza di regolamenti non cè reato.
    Se fossimo in uno stato liberale chi sbaglia paga,se fossimo in un contesto Keinesiano lo stato ti aiuta ma tu devi sottostare alle regole,oggi c è lo stato del profitto,dove i bieghi mascalzoni fanno da padroni,poiche l eliminazione delle regole ha livello planetario ha spianato la strada alla più grande truffa finanziaria mai registrata nella storia dell uomo-

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  14. ragazzi tenetevi stretti la terra,la soluzione di grillo potrebbe avverarsi http://www.beppegrillo.it/2011/11/spesa_gratis_ai/index.html

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  15. Un pò di gente a zappare, compreso Grillo, non sarebbe male. Magari si rieducano.

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  16. @granduro ore 18,37
    ovviamente concordo


    Alla speculazione secondo il concetto originario occorre cambiare nome .Oramai per il linguaggio comune per speculazione si intende quello che tu definisci :reati (speculativi)

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  17. Vorrei ricordare che noi che ci definiamo imprenditori aqricoli, ma che spesso siamo coltivatori diretti che assumono altra manodopera, siamo generalmente ad un tempo capitalisti, imprenditori e lavoratori; capitalisti perchè un buona parte dei terreni che coltiviamo sono di nostra proprietà, imprenditori perchè rischiamo i nostri capitali e le nostre liquidità attraverso l'attività di impresa, ed infine lavoratori perchè ci dedichiamo direttamente non solo a gestire i capitali e le liquidità, ma anche ad eseguire tutte o alcune attività meteriali.
    Quando qualcuno ci da dello speculatore non tiene conto di tutto questo. Normalmente noi dovremmo ricevere un compenso per i capitali, dovremmo poi tendere ad un utile dell'attività di impresa, e normalmente dovremmo ricevere un compenso per il nostro lavoro (che spesso supera anche l'orario di lavoro dei cinesi).
    Ritenete che la vendita dei prodotti al prezzo determinato dal mercato sia in grado di remunerare tutto ciò? Aggiungo che spesso poi aggiungiamo alle nostre normali attività l'attività di consulente di se stesso e della propria azienda, quando ci scervelliamo a scrutare i fenomeni che ci circondano per migliorare.
    La speculazione potrebbe essere la remunerazione per la nostra instancabile attività.
    In vero penso che ogni qual volta non riusciamo ad avere un purchè minimo peso nella determinazione del prezzo dei nostri prodotti abbiamo fallito.
    Quando potremo contribuire a stabilire il prezzo, che equivale ad uscire fuori dal mercato, pur avendolo come riferimento, saremo sulla giusta strada.
    Scusate se mi sono sfogato, ma ho seguito la discussione con passione fino al punto di non riuscire a contenermi.

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  18. hai fatto benissimo ad intervenire.
    Appunto la speculazione fa parte dell'attività imprenditoriale e non andrebbe denigrata più di tanto, al contrario i reati speculativi (come giustamente li definisce granturco) dovrebbero essere perseguiti (cosa che non avviene troppo spesso per vari motivi).
    Sulla formazione del prezzo, personalmente mi basterebbe che vi fosse una pari forza contrattuale tra produttore e compratore (cosa che al momento non avviene) per mancanza di trasparenza, cartello da parte dei compratori, debolezza dei produttori, mancanza di controllo da parte delle istituzioni etc.

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  19. @anonimo
    Trovo pienamente condivisibile e corrispondente alla realtà il tuo intervento.
    Per contribuire a stabilire il prezzo ,occorre raggiungere determinati volumi e costanza di fornitura Vi sono in Piemonte ,alcune realtà di agricoltori consorziati ,che hanno raggiunto quelle caratteristiche dopo anni di notevole impegno .Differenziando le produzioni, hanno contribuito e stanno contribuendo insieme agli utilizzatori ,a creare nuovi sbocchi di mercato.
    Ciò nonostante il loro contributo a stabilire il prezzo è limitato a particolari prodotti.
    Per quanto riguarda il resto ( gran parte)della produzione riescono a partecipare alla determinazione di: :tempi e modalità di consegna,garanzia di pagamento ,borse merci di riferimento e premio di differenziazione .
    A mio avviso ,visto i tempi che corrono è gia un buon risultato ,ma Il prezzo base è sempre legato all'andamento dei mercati. non in grado di remunerare tutti gli oneri che ci competono che hai elencato , anzi in periodi di prezzi bassi ,nemmeno i costi vivi sostenuti,con notevoli perdite economiche.
    La volatilità qualche volta ci porta anche prezzi remunerativi ,ma vi seguono immediatamente l' aumento dei prezzi dei concimi ,dei mezzi tecnici , gasolio spese varie e siamo da capo.
    Alcuni consorziati si meravigliano che nonostante le dimensioni dei volumi e la costanza di fornitura ,non si riesca a incidere sul prezzo base..A dire il vero , fino ad ora non ci sono riusciti nemmeno i cugini Francesi ,con strutture consorziate ben più grandi..un governo che in loro favore.più dei nostri qualcosa in più fà ,
    Qualcuno nei commenti qua..
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/23/contro-iper-globalizzazione/172583/
    dimostrando di non avere la più pallida idea della situazione che hai descritto tu e di non essersi ancora reso conto cosa implichi essere, in sovrappeso seduti su un ramo ,che scricchiolando sta per spezzarsi
    dice :è la globalizzazione ,il progresso che ha colmato il divario tra paesi poveri e paesi occidentali. qualcuno ci ha guadagnato qualcuno ci ha perso.
    Sarà ..ma lasciando perdere il confronto in terra patria ( sarebbe come sparare sulla croce rossa)
    ,superare come dici spesso l'orario di lavoro dei cinesi e (a sentir dire chi da chi nel paese del sol levante c'e stato ) anche costantemente il loro, ritmo di lavoro,vien da chiedersi ma gli agricoltori , i contadini, i disoccupati attuali e futuri specie giovani senza propositive che cosa ci stanno guadagnando da tutto cio?era questo il massimo che si poteva ottenere dal progresso?

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  20. provo a rispondere alle due ultime domande

    1) un sacco di debiti come minimo; però sulla agricoltura io sono ottimista, almeno rispetto a tante altre categorie.

    2) al progresso tecnologico, si è accompagnato un regresso morale e civile. Quello che sta succedendo è la logica evoluzione delle cose.

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  21. be voglio essere cinico e spietato,il vero potere e quello di poter disporre della vita altrui.
    noi occidentali avevamo raggiunto un livello di libertà oltre ogni misura ,che esempio stavamo dando ai paesi sottosviluppati?che si puo uscire dalla schiavitù?ma che siamo impazziti,e i ricchi e i potenti che fine facevano ,allo stesso livello di un proteletario?ma quando mai,allora si sono inventati un nuovo medello di schiavitù,prima ci anno messo al centro del mondo dicendoci che tutto ci spettava,e in fondo cosa ci vuole ,una firmetta un bel mutuo e voilà il gioco è fatto,ma per completare l opera in nome del bene comune hanno compresso salari pensioni e stipendi dicendoti che lo facevano per aumentare la produttività e quindi te lo restituivano con gli interessi,facilitandoti la strada per entrare in banche e finanziarie,tanto una firma qua una là e sei più bello e splendente,.Poi colpo di genio,anno scoperto la poverta nel mondo,e tutti incazzati hanno detto ,questo è uno scempio deve finire,e metteremo fine a questo scempio con la globalizzazione,i paesi poveri dovranno allinearsi a quelli ricchi,senza spiegare però chè l intento era il contrario,e sono cominciati i nostri guai,i no global erano comuni delinquenti,chi invocava interventi protezionistici era fascista,e via discorrendo,ed oggi quando uno lo fa notare ,ti senti rispondere ,e ma è la globalizzazione,io dico globalizzazzione un cazzo,ci avete impoveriti,i nostri risparmi sono andati a fare sviluppo in cina ,india ,brasile,e noi indebitati fino all osso ci scopriamo poveri,riccattabili e senza onore,zitto zitto ci hanno schiavizzato di nuovo,il potere è tornato nelle mani di pochi,i quali i soldi li contano a METRI CUBI e noi con il nostro orticello ragioniamo di come poter influire il mercato,ma quando mai,quelli se vogliono domattina ci caciano pure dalle nostre proprietà,vedete come trattano i manifestanti,in piazza,in nome della democrazia manganello a go-go,oggi beato quell uomo che ha saputo tener lontano se e la sua famiglia dalle tentazioni del consumismo sfrenato in nome dell apparire,il resto sarà carne da macello.

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  22. Mimmo
    lo sai che sono d'accordo con te.
    Però in tutto questo bailamme noi in fondo, come agricoltori, siamo quelli messi meno peggio. Qualcosa da mettere sotto i denti la avremo sempre, teniamoci stretta la terra però.

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  23. In teoria come agricoltori dovremmo essere messi meglio,oltre che per avere qualcosa da mettere sotto i denti,anche per il fatto che la nostra è un attività primaria e i conti dovrebbero migliorare...se ci pagano.
    Credo che l'insolvenza e i ritardi nei pagamenti, saranno tra i maggiori problemi futuri ,incrineranno i rapporti con i nostri debitori (a iniziare da stato e regioni)
    e di conseguenza con i nostri creditori .con tutto quello che ne potrà derivare..

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